Storia della pizza

1leftarrow blue.svgVoce principale: Pizza.

La storia della pizza è lunga, complessa e incerta. Le prime attestazioni scritte della parola "pizza" risalgono al latino volgare di Gaeta nel 997[1], come compenso per un contratto di affitto di un mulino situato nel territorio dell'attuale Comune di Castelforte e in un contratto di locazione con data sul retro 31 gennaio 1201 a Sulmona, ed in seguito in quello di altre città italiane come Roma, L'Aquila, Pesaro, Penne, ecc.[2]

Nel XVI secolo a Napoli ad un pane schiacciato venne dato il nome di pizza che deriva dalla storpiatura della parola "pitta".[senza fonte]

Prima del XVII secolo la pizza era coperta con salsa bianca. Fu più tardi sostituita con olio d'oliva, formaggio, pomodori o pesce: nel 1843, Alexandre Dumas (padre) descrisse la diversità dei condimenti della pizza.

La prima menzione scritta della pizza marinara risale al 1734, mentre quella della pizza Margherita agli anni 1796-1810. Nel giugno 1889, per onorare la Regina d'Italia Margherita di Savoia, il cuoco Raffaele Esposito preparò la "Pizza Margherita", una pizza condita con pomodori, mozzarella (Fior di latte) e basilico, per rappresentare i colori della bandiera italiana[3].

Origini

Il pane è uno dei cibi preparati più antichi e le sue origini risalgono almeno al Neolitico. Nel corso della storia, sono stati aggiunti diversi ingredienti al pane, per conferirgli particolari sapori. Alcuni archeologi italiani e francesi hanno trovato in Sardegna un tipo di pane infornato risalente a circa 3.000 anni fa. Secondo il parere di Philippe Marinval, le popolazioni della Sardegna conoscevano e utilizzavano il lievito.[4] Gli antichi greci preparavano un pane di forma appiattita, chiamato πλακοῦς (plakous, genitivo πλακοῦντος - plakountos)[5] che veniva condito con vari aromi, tra cui aglio e cipolla. Inoltre si dice che il re dei persiani, Dario il Grande (521-486 a.C.) cuoceva un tipo di pane appiattito usando gli scudi per la cottura, con una farcitura di formaggio e datteri, e nel I secolo a.C. il poeta latino Virgilio (noto anche come Publio Virgilio Marone) da Andes (Mantova) fa riferimento all'antica idea del pane come piatto commestibile o tagliere per altri cibi in questo estratto del suo poema latino, l'Eneide:

Altro per avventura allor non v'era
di che cibarsi. Onde, finiti i cibi,
volser per fame a quei lor deschi i denti,
e motteggiando allora: «O - disse Iulo -
fino a le mense ancor ne divoriamo?»[6]

Questi pani di forma piatta, come la pizza, provengono dell'area del Mediterraneo e altri esempi di essi che sopravvivono ai giorni nostri da quell'antico mondo sono la "focaccia" che può essere fatta risalire fino agli antichi etruschi, la "coca" (che ha varietà sia dolci che salate) della Catalogna, della zona di Valencia e delle Isole Baleari, la "pita" greca e italiana o "pide" in turco o "piadina" in romagnolo[7]. Pani simili, sempre a forma piatta, in altre parti del mondo comprendono il "paratha" indiano, il "naan" sudasiatico, il "carasau" , la "spianata" e il "pistocu" sardi, la "flammkuchen" alsaziana e il "rieska" finlandese.

La genesi

Pizzaiolo napoletano nel 1830 (litografia presso la Civica Raccolta delle Stampe "Achille Bertarelli" a Milano).

Vi sono notizie che risalgono alla fine del Cinquecento ed inizi del Seicento di una pizza soffice chiamata alla "mastunicola", ossia preparata con basilico (strutto, formaggio, foglie di basilico e pepe)[8]. In seguito si diffuse la pizza ai "cecinielli", ossia preparata con minutaglia di pesce[8]. La prima vera unione tra la pasta ed il pomodoro (accolto all'inizio con diffidenza) avvenne a metà del Settecento nel Regno di Napoli[8]. La pizza a Napoli fu popolarissima sia presso i napoletani più poveri che presso i nobili, compresi i sovrani borbonici.

Il successo della pizza conquistò anche i sovrani di Casa Savoia, tanto che proprio alla Regina Margherita di Savoia nel 1889 il pizzaiolo Raffaele Esposito dedicò la "pizza Margherita", che rappresentava il nuovo vessillo tricolore con il bianco della mozzarella, il rosso del pomodoro ed il verde del basilico. Quella che oggi è chiamata pizza Margherita era tuttavia già stata preparata prima della dedica alla Regina d'Italia. Francesco De Bourcard nel 1858 riporta[9] la descrizione dei principali tipi di pizza, ossia quelli che oggi prendono nome di pizza marinara, pizza margherita e calzone:

«Le pizze più ordinarie, dette coll'aglio e l'oglio, han per condimento l'olio, e sopra vi si sparge, oltre il sale, l'origano e spicchi d'aglio trinciati minutamente. Altre sono coperte di formaggio grattugiato e condite con lo strutto, e allora vi si pone disopra qualche foglia di basilico. Alle prime spesso si aggiunge del pesce minuto; alle seconde delle sottili fette di muzzarella. Talora si fa uso di prosciutto affettato, di pomidoro, di arselle, ec. Talora ripiegando la pasta su se stessa se ne forma quel che chiamasi calzone

(Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, Vol. II, pag. 124)

La mozzarella veniva tagliata a fette sottili, disposte sulla salsa di pomodoro proprio a forma di margherita, con la successiva aggiunta delle foglie di basilico.

Pizza margherita

Bisogna tuttavia notare che già nel 1830, un certo "Riccio" nel libro Napoli, contorni e dintorni, aveva scritto di una pizza con pomodoro, mozzarella e basilico[8]. Lentamente la focaccia di origine popolare arricchita con pomodoro si diffuse in tutte le classi sociali e, dopo la Seconda guerra mondiale, in tutte le regioni italiane, e con essa anche i locali specializzati nella preparazione della pizza: dapprima probabilmente forni in cui la pizza si consumava in piedi per strada, poi in seguito trattorie e pizzerie.

Sino al principio del Novecento la pizza e le pizzerie rimangono un fenomeno prettamente napoletano, e gradualmente italiano[senza fonte] (nell'Italia settentrionale iniziò a diffondersi solo nel secondo dopoguerra), poi, sull'onda dell'emigrazione, iniziano a diffondersi all'estero ma soltanto dopo la seconda guerra mondiale, adeguandosi ai gusti dei vari paesi, diventano un fenomeno mondiale.

Gli italiani emigrati hanno fatto conoscere, apprezzare e anche modificare la pizza nel mondo. Oggi ormai anche molti cuochi di differenti nazionalità sono diventati esperti pizzaioli per i quali esiste anche un campionato mondiale dove misurarsi[10]. Oggi il giro di affari legato alla pizza (pizzerie, consegne a domicilio, surgelati, catene di fast food) è molto rilevante nel mondo, al punto che alcuni abili imprenditori (come ad esempio l'americano Tom Monaghan fondatore della Domino's Pizza) hanno costruito intorno alla pizza grandi fortune.

Innovazione

L'innovazione che ci diede la particolare focaccia che chiamiamo pizza fu l'uso del pomodoro come condimento. Per alcuni anni dopo che il pomodoro fu portato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, molti europei credevano che fosse velenoso (come varie altre piante del genere Solanum a cui appartiene). Il piatto guadagnò in popolarità e presto la Pizza divenne un'attrazione turistica quando i visitatori a Napoli si avventuravano nelle zone più povere della città per provare le specialità locali.

Una delle prime testimonianze sulla pizza a Napoli è data dallo scrittore francese, anche appassionato gastronomo, Alexandre Dumas (padre) nella sua opera Il Corricolo, pubblicata nel 1843. Egli infatti scrive" La pizza è una specie di stiacciata, come se fanno a Saint Denis. È di forma rotonda e si lavora con la stessa pasta del pane: varia nel diametro secondo il prezzo...A prima vista sembra un cibo semplice. Sottoposta a esame, apparirà come un cibo complicato. La pizza è all'olio, al lardo, alla sugna, al pomodoro, ai pesciolini".

I napoletani prendono la loro pizza molto seriamente. I puristi, come nella famosa pizzeria “Da Michele” fondata nel 1870 da Michele Condurro in Via C. Sersale, a Forcella[11] sostengono che esistono solo due vere pizze: la “Marinara” e la “Margherita”, ed è tutto ciò che servono. La Marinara è la più antica e ha un condimento di pomodoro, origano, aglio, olio extra-vergine d'oliva e solitamente basilico. Era chiamata “Marinara” non, come molti credono, perché contiene pesce (non è così) ma perché era il cibo che i pescatori mangiavano quando tornavano a casa dalle lunghe giornate di pesca nella Baia di Napoli. La Margherita è invece attribuita al pizzaiolo Raffaele Esposito, che lavorava alla pizzeria situata alla salita Sant'Anna di Palazzo, fondata alla fine del Settecento e attiva ancora oggi come "Pizzeria Brandi".

Nel 1889 preparò tre diverse pizze per la visita del Re Umberto I e della Regina Margherita di Savoia. La preferita della Regina era una pizza che evocava i colori della bandiera italiana – verde (foglie di basilico), bianco (mozzarella) e rosso (pomodori).[12] Questa combinazione fu battezzata Pizza Margherita in suo onore. L'"Associazione Verace Pizza Napoletana", fondata nel 1984, riconosce solo la Marinara e la Margherita verace ed ha stabilito le regole molto specifiche che devono essere seguite per un'autentica pizza napoletana.[13][14]

Queste includono che la pizza deve essere cucinata in un forno a legno, alla temperatura di 485 °C per non più di 60-90 secondi;[13] che la base deve essere fatta a mano e non deve essere utilizzato il mattarello o comunque non è consentito l'utilizzo di mezzi meccanici per la sua preparazione (i pizzaioli fanno la forma della pizza con le loro mani facendola "girare" con le loro dita) e che la pizza non deve superare i 35 cm di diametro o essere spessa più di un terzo di centimetro al centro. L'associazione seleziona anche le pizzerie nel mondo per produrre e diffondere la filosofia e il metodo della pizza verace napoletana. Ci sono molte pizzerie famose a Napoli dove si possono trovare queste pizze tradizionali, la maggior parte di esse sono nell'antico centro storico di Napoli.

Talvolta tali pizzerie andranno anche oltre le regole specificate, ad esempio, usando solo pomodori della varietà "San Marzano" cresciuti sulle pendici del Vesuvio e utilizzando solamente l'olio di oliva e aggiungendo fette di pomodoro in senso orario. Un'altra aggiunta alle regole è l'uso di foglie di basilico fresco sulla pizza marinara: non è nella ricetta "ufficiale", ma è aggiunto dalla maggior parte delle pizzerie napoletane per guarnirla. Le basi per pizza a Napoli sono soffici e friabili ma a Roma preferiscono una base sottile e croccante. Un'altra forma popolare di pizza in Italia è la "pizza al taglio" che è la pizza infornata in teglie rettangolari con un'ampia varietà di condimenti e venduta a peso.

La pizza nel Nord America

La pizza fece la sua prima apparizione negli Stati Uniti con l'arrivo degli immigrati italiani nel tardo XIX secolo. Fu sicuramente il caso delle città con vaste popolazioni italiane, come San Francisco, Chicago, New York, New Haven, e Filadelfia dove la pizza fu inizialmente venduta sulle strade dei quartieri italiani. Nel tardo XIX secolo a Chicago, ad esempio, la pizza fu introdotta da un venditore ambulante che camminava su e giù lungo Taylor Street con un mastello di pizze sulla testa. Questo era il modo tradizionale in cui si vendeva la pizza a Napoli, in cilindri di rame con delle maniglie ai lati e un coperchio sopra per mantenere calde le pizze. Non passò molto tempo prima che i piccoli caffè e le drogherie iniziassero ad offrire le pizze alle loro comunità italoamericane. Fra le varie tipologie di pizze inventate dagli emigrati italiani negli USA si possono citare la pizza arrotolata di Filadelfia[15][16] e la cosiddetta deep-dish pizza di Chicago, caratterizzata da un bordo molto alto.[17]

Analogamente, in Canada, si sono diffuse altre varianti del piatto italiano. Oltre alla pizza hawaiana, contenente ananas e prosciutto e divenuta famosa in tutto il mondo,[18] si può citare la pizza margherita di Toronto, con un cornicione di medio spessore e condita con aglio e olio di basilico. Tale ricetta, che è divenuta una specialità del capoluogo canadese, unisce la pizza italiana alla tradizione vietnamita dell'uso di condimenti a base di olio nel cibo.[19] La catena di fast food Boston Pizza ha anche inventato la pizza cake, una serie di pizze sovrapposte le una sulle altre e unite dalla crosta esterna,[20] mentre in vari ristoranti del Québec si è diffusa la cosiddetta pizza-ghetti, una porzione di spaghetti al pomodoro servita accanto a due fette di pizza.[21]

Etimologia

L'etimologia del nome "pizza" (che non è necessariamente legata all'origine del prodotto) deriverebbe secondo alcuni, da pinsa (dalla lingua napoletana), participio passato del verbo latino pinsere oppure del verbo "pansere", cioè pestare, schiacciare, pigiare[22] che deriverebbe da pita mediterranea e balcanica, in greco πίττα, derivato da πεπττος ossia "infornato"[23]; secondo quest'ultima ipotesi la parola deriverebbe dall'ebraico פִּתָּה o פיתה, dall'arabo كماج che appartiene alla stessa categoria di pane o focacce. Il primo utilizzo della parola "pizza" risale al 997 ed è testimoniato in un testo latino proveniente dalla città di Gaeta[24]. Altre ipotesi a proposito sono le seguenti:

  • L'antica parola germanica “bizzo” o “pizzo”, dal significato di "morso", "focaccia" (in relazione anche alle parole inglesi "bit" e "bite") è stata importata in Italia nella metà del VI secolo durante l'invasione dei Longobardi.[25]. Questa è l'origine più accreditata secondo l'Oxford English Dictionary, anche se non è stata definitivamente confermata.[26]

Cinema

Nel 2003 la produzione Lanterna Magica ha dedicato alla pizza il cartone animato Totò sapore e la magica storia della pizza, con una trama fantasiosa, ma l'ambientazione è sempre a Napoli.

Note

  1. ^ Salvatore Riciniello, Codice Diplomatico Gaetano, Vol. I, La Poligrafica, 1987
  2. ^ Manlio Cortelazzo, Paolo Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 1994. ISBN 88-08-01974-8
  3. ^ Regolamento UE 97/2010 della Commissione Europea riportato nella Gazzetta Ufficiale del 5 febbraio 2010, punto 3.8, Allegato II
  4. ^ Copia archiviata (PDF), su sardegnaturismo.it. URL consultato il 13 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 22 luglio 2011).
  5. ^ Plakous, Liddell and Scott, "A Greek-English Lexicon", at Perseus
  6. ^ Eneide, Libro VII, vv. 175-179, trad. di Annibal Caro.
  7. ^ Food and Drink - Pide - HiTiT Turkey guide, su hitit.co.uk. URL consultato il 5 giugno 2009 (archiviato dall'url originale il 23 agosto 2009).
  8. ^ a b c d Università degli Studi di Udine, Facoltà di Agraria: "La Pizza" (PDF), su web.uniud.it. URL consultato il 13 luglio 2009 (archiviato dall'url originale l'11 giugno 2007).
  9. ^ Francesco de Bourcard, Vol. II, pag. 124.
  10. ^ pizzanew.it: "Campionato mondiale della Pizza", Salsomaggiore Terme, su pizzanew.it. URL consultato il 10 settembre 2015 (archiviato dall'url originale il 5 ottobre 2011).
  11. ^ Antica Pizzeria "Da Michele" dal 1870, su damichele.net. URL consultato il 5 giugno 2009.
  12. ^ American Pie, in American Heritage, aprile/maggio 2006. URL consultato il 4 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 12 luglio 2009).
    «Il formaggio, l'ingrediente principe, non fu aggiunto fino al 1889, quando il Palazzo Reale commissionò al pizzaiolo Napoletano Raffaele Esposito di creare una pizza in onore della visita della Regina Margherita. Of the tre contenders he created, la Regina preferì fortemente a pie swathed in the colors of the Italian flag: rosso (pomodoro), verde (basilico), e bianco (mozzarella).».
  13. ^ a b Disciplinare Associazione Verace Pizza Napoletana (PDF), su pizzanapoletana.org. URL consultato il 10 novembre 2021.
  14. ^ Rossella Burattino, Milano, il ristorante Ricci di Joe Bastianich e Belen chiude, al suo posto l’antica pizzeria «Da Michele», in Corriere della Sera. URL consultato il 9 dicembre 2017.
  15. ^ (EN) Pizza arrotolata (pizza Stromboli), su ilgiornaledelmolise.it. URL consultato il 18 dicembre 2018.
  16. ^ (EN) The stromboli: A Philly original, courtesy of Romano’s, su philly.com. URL consultato il 18 dicembre 2018.
  17. ^ (EN) Andrew F. Smith, The Oxford Companion to American Food and Drink, Oxford University, 2007, p. 463.
  18. ^ (EN) Dan Nosowitz, Meet the 81-Year-Old Greek-Canadian Inventor of the Hawaiian Pizza, in Atlas Oscura, 4 giugno 2015. URL consultato il 6 febbraio 2019.
  19. ^ (EN) Meet Toronto’s new masters of the pizza, su theglobeandmail.com. URL consultato il 5 febbraio 2019.
  20. ^ (EN) IT’S A PIZZA! AND A CAKE!! WHAT’S NOT TO LIKE? (THE CALORIES), su independent.co.uk. URL consultato il 5 febbraio 2019.
  21. ^ (EN) Why Eat Pizzaghetti When You Can Drink It?, su thedailymeal.com. URL consultato il 29 gennaio 2019.
  22. ^ L'origine della parola pizza su www.etimo.it, dizionario etimologico online
  23. ^ pizza - Wiktionary
  24. ^ Castelforte, trovata scrittura dove si legge per la prima volta il termine “pizza”, su ilmessaggero.it.
  25. ^ Pizza, in Grande Dizionario di Italiano, Garzanti Linguistica. URL consultato il 12 maggio 2014.
  26. ^ Oxford English Dictionary: The definitive record of the English language, su oed.com. URL consultato il 5 giugno 2009.

Bibliografia

  • Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli, riedizione in copia anastatica, tiratura limitata a 999 copie, Napoli, Alberto Marotta, 1965 [1866].
  • Antonio Criscitello, L'arte italiana di fare la Pizza, Demetra, 2006.
  • Antonio Mattozzi, Una storia napoletana. Pizzerie e pizzaioli tra Sette e Ottocento, Slow Food Editore, 2009.
  • Antonio Mattozzi, Inventing the Pizzeria. A History of Pizza Making in Naples, Bloomsbury Academic, 2015
  • Antonio e Donatella Mattozzi, "Pizze, pizzerie e pizzaiuoli a Napoli fra Sette e Ottocento", in Pizza. Una grande tradizione italiana, Slow Food Editore, 2016, pp.21-35

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