San Nicola di Bari | |
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Vescovo di Myra e difensore dell'ortodossia | |
Nascita | Pàtara, 15 marzo 270 |
Morte | Myra, 6 dicembre 343 (73 anni) |
Venerato da | Tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi |
Beatificazione | popolare |
Canonizzazione | popolare |
Santuario principale | Basilica nicolaiana |
Ricorrenza | 6 dicembre (localmente anche il 7, l'8, il 9, e il 10 maggio, l'8 e il 9 ottobre) |
Attributi | bastone pastorale, mitria, barba, tre sfere d'oro in mano, barile da cui sbucano tre bambini |
Patrono di | marinai, varie professioni legate al commercio, innumerevoli località fra cui Bari e tutta la Puglia |
San Nicola di Bari, noto anche come san Nicola di Myra, san Nicolao, san Nicolò (o san Niccolò; Άγιος Νικόλαος in greco; Pàtara, 15 marzo 270 – Myra, 6 dicembre 343), è stato vescovo di Myra, venerato come santo dalla Chiesa cattolica, dalla Chiesa ortodossa e da diverse altre confessioni cristiane.
Viene considerato un santo miroblita.[1]
La sua figura ha dato origine alla tradizione di San Nicolò, che passa nella notte tra il 5 e il 6 dicembre portando doni ai bambini.
Le sue reliquie sono conservate, secondo la tradizione, nella basilica a lui dedicata e nella Chiesa di San Nicolò a Venezia.
Nacque a Pàtara, una città greca della Licia. Non si hanno dati sulla sua infanzia. Quelli che si leggono spesso nelle sue vite, come il nome dei genitori Epifanio e Nonna, oppure il suo tenersi in piedi in preghiera da neonato, si riferiscono alla vita di un monaco Nicola vissuto tra il 500 e il 564 nella stessa regione e che fu vescovo di Pinara.
In seguito lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra (oggi Demre), una città situata in Licia, una provincia dell'Impero Romano, che si trova nell'attuale Turchia; lì venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne acclamato dal popolo come nuovo vescovo. Imprigionato ed esiliato nel 305 durante la persecuzione di Diocleziano, fu poi liberato da Costantino nel 313 e riprese l'attività apostolica.
Non è certo che sia stato uno dei 318 partecipanti al Concilio di Nicea del 325: secondo la tradizione, comunque, durante il concilio avrebbe condannato duramente l'Arianesimo, difendendo l'ortodossia, e in un momento d'impeto avrebbe preso a schiaffi Ario. Gli scritti di Andrea di Creta e di Giovanni Damasceno confermerebbero la sua fede radicata nei principi dell'ortodossia cattolica. Ottenne dei rifornimenti durante una carestia a Myra e la riduzione delle imposte dall'Imperatore.
Morì a Myra il 6 dicembre del 343.
Dopo la morte di San Nicola, le reliquie rimasero fino al 1087 nella cattedrale di Myra. Quando Myra venne conquistata dai musulmani, le città di Venezia e Bari entrarono in competizione per impossessarsi delle reliquie del santo e portarle in Occidente. Sessantadue marinai di Bari organizzarono una spedizione marittima, riuscirono a sottrarre le ossa di San Nicola, arrivando con queste nella loro città il 9 maggio 1087. Qui furono affidate temporaneamente a un monastero benedettino e successivamente trasferite nella cripta di una nuova chiesa dedicata al santo, la basilica di San Nicola, che in quel momento (1º ottobre 1089) non era ancora ultimata; fu papa Urbano II in persona a presiedere la solenne cerimonia.[2] Da quel momento san Nicola fu conosciuto anche come Nicola di Bari.
In realtà, i marinai baresi avevano tralasciato, volutamente o per errore, le ossa più piccole, che furono prese in una successiva spedizione da marinai veneziani e sono oggi custodite nella chiesa di san Nicolò al Lido.
Il culto si diffuse dapprima in Asia Minore (nel VI secolo a Costantinopoli gli furono dedicate 26 chiese), con pellegrinaggi alla sua tomba, posta fuori dell'abitato di Myra. Numerosi scritti in greco e in latino ne fecero progressivamente diffondere la venerazione verso il mondo bizantino-slavo e in Occidente, a partire da Roma e dal Meridione d'Italia, allora soggetto a Bisanzio.
San Nicola è così diventato già nel Medioevo uno dei santi più popolari del cristianesimo e protagonista di molte leggende riguardanti miracoli a favore di poveri e defraudati.
Si narra che Nicola, venuto a conoscenza di un ricco uomo decaduto che voleva avviare le sue tre figlie alla prostituzione perché non poteva farle maritare decorosamente, abbia preso una buona quantità di denaro, lo abbia avvolto in un panno e, di notte, l'abbia gettato nella casa dell'uomo in tre notti consecutive, in modo che le tre figlie avessero la dote per il matrimonio.
Un'altra leggenda narra che Nicola, già vescovo, resuscitò tre bambini che un macellaio malvagio aveva ucciso e messo sotto sale per venderne la carne.
Per questi episodi san Nicola è ritenuto un santo benefattore e protettore, specialmente dei bambini.
La Chiesa cattolica lo ricorda il 6 dicembre come memoria facoltativa nel calendario romano generale. Localmente il santo è ricordato anche l'8 maggio.
In Italia il culto di san Nicola è radicato nelle regioni meridionali e in quelle settentrionali. Per questo motivo, anche se nella Chiesa cattolica la sua memoria liturgica è facoltativa, in Italia è stata resa obbligatoria a partire dal 2017.[3]
A Bari, oltre che il 6 dicembre[4], il santo è festeggiato dal 7 al 9 maggio, nella ricorrenza della traslazione delle ossa da Myra, quando un lungo corteo storico ripercorre gli eventi del 1087 e la statua del santo è condotta in processione su una barca e poi lasciata in piazza per il culto pubblico. In questa occasione, la città è raggiunta da numerosi pellegrini, provenienti tanto dalle altre regioni italiane (Abruzzo e Calabria, soprattutto) quanto dalla Russia e dagli altri Paesi ortodossi.
La tradizione di San Nicola che porta regali ai bambini in Italia è festeggiata anche in Venezia Giulia e in Trentino-Alto Adige, nel Bellunese, nella Sinistra Piave, sotto il nome di San Nicolò.
San Nicola è anche considerato santo patrono della Lorena, della città di Amsterdam e della Russia[5] (in Siberia, tra le tribù dei Nenci convertite al cristianesimo l'antico Dio dei padri è stato sostituito dalla figura di San Nicola, da loro chiamato Mikkulai, oggetto di profonda venerazione).
Nelle località dell'Arco Alpino (Svizzera, Austria, Trentino-Alto Adige, Friuli, Slovenia) san Nicolò è solitamente accompagnato da un personaggio chiamato Krampus (Knecht Ruprecht nelle località più settentrionali) una sorta di diavolo a cui si attribuisce il ruolo di punitore di bambini. San Nicola è molto popolare anche in altri paesi Europei (Paesi Bassi, Francia, Belgio, Germania, Estonia, Repubblica Ceca e Slovacchia).
Nel Benelux Sinterklaas (Kleeschen in lussemburghese) è festeggiato nella notte tra il 5 e il 6 dicembre, data in cui distribuisce i doni. Il culto di san Nicola fu portato a Nuova Amsterdam (New York) dai coloni olandesi (è infatti il protettore della città di Amsterdam), sotto il nome di Sinterklaas, dando successivamente origine al mito nordamericano di Santa Claus, che in Italia è quindi diventato Babbo Natale.
Il santo oggi è patrono di marinai, pescatori, vetrai, farmacisti, profumieri, bottai, arcieri, bambini, ragazze da marito, scolari, avvocati, prostitute, nonché dei prigionieri e delle vittime di errori giudiziari; è il Santo Protettore della Brigata Informazioni Tattiche dell’Esercito, sede di Anzio.
È patrono inoltre dei mercanti e commercianti[6] ed alcuni gli attribuiscono anche il patronato sui ministranti[7].
San Nicola è patrono di numerose località in Europa, ed in Italia è il protettore di numerose località italiane, inclusi oltre 270 comuni (tra cui naturalmente Bari).
Le reliquie di San Nicola si trovavano originariamente a Myra, nella cattedrale della città. Furono trasportate a Bari e a Venezia nell'XI secolo, a seguito di due distinte trafugazioni. La città era infatti caduta in mano musulmana e da questo scaturì la volontà di portarle "in salvo".
L'ultima ricognizione canonica delle spoglie risale al 5 maggio 1953.[8]
La prima traslazione fu portata a termine da 66 marinai baresi, tra i quali i sacerdoti Lupo e Grimoldo, partita con tre navi di proprietà degli armatori Dottula, che raggiunse Myra recuperando le reliquie di Nicola, che giunsero a Bari il 9 maggio 1087.
Secondo la leggenda, le reliquie furono depositate là dove i buoi che trainavano il carico dalla barca si fermarono.[9] Alcune colonne del tempio, poi, seguirono la nave dei marinai baresi fino a Bari. Si trattava in realtà della chiesa dei benedettini (oggi chiesa di San Michele Arcangelo) sotto la custodia dell'abate Elia, che in seguito sarebbe diventato vescovo di Bari. L'abate promosse tuttavia l'edificazione di una nuova chiesa dedicata al santo, che fu consacrata due anni dopo da Papa Urbano II in occasione della definitiva collocazione delle reliquie sotto l'altare della cripta. Da allora san Nicola divenne compatrono di Bari assieme a San Sabino e le date del 6 dicembre (giorno della morte del santo) e 8 maggio (giorno dell'arrivo delle reliquie) furono dichiarate festive per la città. Il santo era anche presente, fino al XIX secolo, sullo stemma della città tramite un cimiero.
Un'accurata cronaca dell'epoca, basata su testimonianze oculari (la "Translatio sancti Nicolai") afferma che una seconda traslazione delle reliquie fu effettuata pochi anni dopo quella barese. I veneziani nel 1099-1100, durante la prima crociata, approdarono infatti a Myra dove fu loro indicato il sepolcro vuoto dal quale i baresi avrebbero prelevato le ossa. Tuttavia qualcuno rammentò di aver visto celebrare le cerimonie più importanti, non sull'altare maggiore, ma in un ambiente secondario. Fu in tale ambiente che i veneziani rinvennero una gran quantità di minuti frammenti ossei, che vennero trasportati nell'abbazia di San Nicolò del Lido.[10][11]
San Nicolò venne quindi proclamato protettore della flotta della Serenissima e la chiesa divenne un importante luogo di culto. San Nicolò era infatti venerato come protettore dei marinai: non a caso la chiesa era collocata sul Porto del Lido, dove finiva la laguna e cominciava il mare aperto. A San Nicolò del Lido terminava l'annuale rito dello sposalizio del Mare.
A seguito di due ricognizioni effettuate nel 1954 a Bari e nel 1992 a Venezia, il prof. Luigi Martino, docente di anatomia umana e normale all'Università di Bari, ha sostenuto che le reliquie sono divise fra le due città: Bari possiederebbe i frammenti ossei di maggiori dimensioni, mentre Venezia i frammenti più minuti (circa la metà dello scheletro), e che questi ultimi sono "complementari con le ossa conservate a Bari".[12][11][13][14][15][16] È stato ipotizzato che i baresi, nella fretta di asportare le reliquie, si siano impossessati solo dei frammenti ossei più grandi, lasciando sul posto quelli più minuti. Sono questi ultimi che oggigiorno si troverebbero a Venezia.
Nella cittadina garganica, in provincia di Foggia, nella chiesa di San Nicola di Myra, sede dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento di Vico del Gargano, è conservata una teca con la Manna di San Nicola, l’acqua che si forma nella tomba del Santo e che si formava già nella Basilica di Mira. Questa reliquia è attestata nella chiesetta da tempi antichissimi e nel 1675, durante la visita del cardinale Vincenzo Maria Orsini (papa Benedetto XIII), la chiesa di San Nicola aveva un unico altare non consacrato, un’immagine del Santo «Iconem pulvere deturpatam» e una teca contenente la Manna di San Nicola.
Nel gennaio 2003 la diocesi di Rimini, d'intesa con il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, ha fatto dono di un frammento dell'omero sinistro di San Nicola alla diocesi greco-ortodossa di Dimitriade (la greca Volos), che ne aveva inoltrato richiesta.[17]
Secondo la tradizione, l'omero di San Nicola giunse a Rimini in modo piuttosto rocambolesco nella seconda metà del XII secolo. Protagonista della vicenda sarebbe stato un vescovo tedesco, che aveva trafugato la reliquia a Bari. Nel 1177 papa Alessandro III si fermò a Rimini provenendo da Venezia; il pontefice volle sottoporre la reliquia alla prova del fuoco per accertarsi della sua autenticità: "le fiamme non la bruciarono, anzi, emanarono un profumo intenso". San Nicola fu proclamato co-patrono di Rimini nel 1633.
Il primo indizio sull'autenticità della tradizione è l'assenza, fra le reliquie baresi, proprio dell'omero sinistro. La prova definitiva che si tratta della parte mancante a quanto dello scheletro è venerato Bari, è giunta dalla ricognizione anatomica e studio antropometrico (di Luigi Martino) e dalla ricognizione antropologica (di Fiorenzo Facchini), effettuate in occasione della donazione del 2003.
La reliquia riminese è custodita nella nuova chiesa di San Nicolò al Porto (inaugurata nel 1955), all'interno della Sala Celestina dai Padri Celestini, cui appartenne l'edificio dal XIV al XVIII secolo. La chiesa medievale fu praticamente rasa al suolo durante la Seconda guerra mondiale; sopravvissero solo il campanile e la Sala Celestina; in entrambi, ma soprattutto nella seconda, sono visibili affreschi della scuola riminese del Trecento.
Dopo l'arrivo in Lorena nel 1087 di una reliquia del santo, la mano destra alzata in segno di benedizione (falange della mano destra), riportata da Bari dal signore Aubert di Varangéville, il villaggio di Port, un possesso del signor di Varangéville, diventa Saint-Nicolas-de-Port e dispone a partire dal 1093 di una prima chiesa dedicata al santo patrono della Lorena, San Nicola dei Lorenesi.
«Intorno al 1230, il cavaliere di Lorena Cunon de Réchicourt, al seguito dell'imperatore Federico II di Svevia, è fatto prigioniero durante la sesta crociata. Avrebbe pregato il 5 dicembre 1240 San Nicola prima di addormentarsi nella sua cella. La mattina, si sarebbe svegliato ancora attaccato, sui gradini della chiesa di Saint-Nicolas-de-Port, le catene gli caddero da sé durante l'ufficio che ha poi seguito.»
Da allora, ogni anno il sabato prima della festa di San Nicola, si celebra una processione in memoria del famoso "miracolo".
Nel 1429, prima di lasciare il suo paese per salvare la Francia, Giovanna d'Arco andò a visitare la tomba del santo a Saint-Nicolas-de-Port.
Alla fine del XV secolo per ringraziare san Nicola per avere salvato il Ducato di Lorena contro il duca di Borgogna Carlo il Temerario (morto durante la battaglia di Nancy il 5 gennaio 1477), il duca di Lorena Renato II ricostruisce la chiesa della città di Saint-Nicolas-de-Port. Una volta iniziati i lavori, nel 1481 essa diventa una maestosa basilica di stile gotico fiammeggiante quasi grande come Notre-Dame di Parigi. Nel 1622 il duca Enrico II di Lorena ottiene dal Papa Gregorio XV (1554-1623) l'erezione di una chiesa per i suoi sudditi che vivono a Roma. Questa chiesa barocca si trova vicino a Piazza Navona; è naturalmente dedicata al santo patrono della nazione lorenese e si chiama Chiesa di San Nicola dei Lorenesi.
Il suo emblema è il bastone pastorale (simbolo del vescovato) e tre sacchetti di monete (o anche tre palle d'oro) queste in relazione alla leggenda della dote concessa alle tre fanciulle. Nello stemma di Collescipoli (Terni) è rappresentato a cavallo con un fanciullo alle sue spalle. Negli affreschi dell'Abbazia di Novalesa (XI secolo), tra i primi conosciuti in occidente,[18] porta il pastorale e indossa una casula blu e una raffinata stola a motivi geometrici. Tradizionalmente viene quindi rappresentato vestito da vescovo con mitra e pastorale. L'attuale rappresentazione in abito rosso bordato di bianco origina dal poema A Visit from St. Nicholas del 1821 di Clement C. Moore, che lo descrisse come un signore allegro e paffutello, contribuendo alla diffusione della figura mitica, folkloristica, di Babbo Natale.
Nella Chiesa ortodossa russa san Nicola è spesso la terza icona insieme a Cristo e a Maria col Bambino nell'iconostasi delle chiese.
A Pollutri, in provincia di Chieti, abbiamo la possibilità di osservare dal vivo, la più antica e la più veneranda statua lignea di San Nicola del XIII secolo che vanti l'Abruzzo.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 172332216 · ISNI (EN) 0000 0001 2253 5506 · CERL cnp00533901 · ULAN (EN) 500353854 · LCCN (EN) n50053594 · GND (DE) 12918814X · BNF (FR) cb11961190d (data) · J9U (EN, HE) 987007445011105171 · NDL (EN, JA) 00621210 · CONOR.SI (SL) 133853283 · WorldCat Identities (EN) lccn-n50053594 |
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