Mario Corso | ||
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Corso con l'Inter negli anni 1970 | ||
Nazionalità | Italia | |
Altezza | 175 cm | |
Peso | 75 kg | |
Calcio | ||
Ruolo | Allenatore (ex centrocampista) | |
Termine carriera | 1975 - giocatore 1992 - allenatore | |
Carriera | ||
Giovanili | ||
1951-1956 | Audace SME | |
Squadre di club1 | ||
1956-1957 | Audace SME | 15 (2) |
1957-1973 | Inter | 413 (75)[1] |
1973-1975 | Genoa | 26 (3) |
Nazionale | ||
1961-1971 | Italia | 23 (4) |
Carriera da allenatore | ||
1978-1982 | Napoli | Primavera |
1982-1983 | Lecce | |
1983 | Catanzaro | |
1984-1985 | Inter | Primavera |
1985-1986 | Inter | |
1987-1989 | Mantova | |
1989-1990 | Barletta | |
1992 | Verona | [2] |
1 I due numeri indicano le presenze e le reti segnate, per le sole partite di campionato. Il simbolo → indica un trasferimento in prestito. | ||
Mario Corso (Verona, 25 agosto 1941 – Milano, 20 giugno 2020) è stato un allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo centrocampista.
Annoverato tra i calciatori italiani di maggiore estro e fantasia,[3][4][5][6] ha legato il proprio nome a quello dell'Inter, nella quale ha militato dal 1957 al 1973 prima di trasferirsi al Genoa, dove ha concluso la carriera nel 1975. Con la maglia nerazzurra ha collezionato 507 presenze, segnando 95 reti[7] e vincendo quattro campionati nazionali, due Coppe dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Dell'Inter è stato anche allenatore nella stagione 1985-1986, subentrando all'esonerato Ilario Castagner e conducendo la squadra al sesto posto finale.
Nella nazionale italiana giocò 23 partite con 4 reti, senza prendere parte ad alcuna rassegna continentale o mondiale.
Candidato per tre volte al Pallone d'oro, si classificò 7º nell'edizione 1964.[8] Il Genoa lo ha inserito nella sua Hall of Fame.[9]
Nato a San Michele Extra, quartiere periferico di Verona, era sposato con Enrica.[6] È morto il 20 giugno 2020 a 78 anni, dopo un breve ricovero in ospedale.[10]
Riconoscibile dai calzettoni abbassati, in omaggio a Omar Sívori, e noto per la millimetrica precisione e il genio dei suoi "lanci lunghi"[11], resi apparentemente facili dalla visione di gioco che la sua tipica corsa a testa alta gli consentiva con naturalezza, per la sopraffina abilità di giocoliere (il suo esercizio preferito, da ragazzino, era colpire di tacco i noccioli di ciliegia e insaccarli nella tasca della giacca)[12] in grado di tenere la palla fra i piedi e di fare impazzire gli avversari in spazi ristrettissimi[13][14] e per la grande abilità nei calci di punizione, Corso era uno specialista del tiro a foglia morta (gesto tecnico spesso utilizzato, in precedenza, ma colpendo diversamente il pallone e ottenendo una diversa traiettoria, dal brasiliano Didi):[4] calciando con il piede sinistro – usava pochissimo il destro[15] – imprimeva al pallone traiettorie mutevoli che non di rado, sebbene ormai in qualche misura previste nella loro imprevedibilità, sorprendevano comunque i portieri.[4][8][16]
Dotato di qualità tecniche, estro e fantasia che gli valsero il soprannome Mandrake[4], seppur altalenante nelle prestazioni,[3] (ma Erminia Moratti, moglie del Presidente Cav. Angelo, soleva ripetere di non andare a San Siro solo per lui “ma [che] se c’era lui ci andavo più volentieri, ero certa che mi sarei divertita”: e il rapporto con i Moratti "dava ai nervi a Helenio Herrera, abituato a primeggiare in tutto, anche negli affetti della presidenza. Anche per questo tutti gli anni lo metteva nella lista dei cedibili, tornandosene poi alla Pinetina con le pive nel sacco dopo che Moratti gli aveva fatto capire che non era il caso")[17], era abituato a far viaggiare la palla piuttosto che macinare chilometri,[18], avalendosi di un "sinistro che serviva come pennello o come stecca da biliardo, per dipingere le foglie morte più assassine o per mettere un compagno davanti alla porta con una rasoiata chirurgica"[17],[18] tendenza per la quale fu ironicamente (ma rispettosamente) ribattezzato «participio passato del verbo correre» da Gianni Brera, che gli rimproverava un eccessivo risparmio di energie;[4] un'analisi, questa, non condivisa dal giocatore, secondo il quale «non si sta tanti anni all'Inter se non si corre».[4] A dispetto di tale critica, seppe comunque distinguersi come calciatore grintoso e combattivo.[19] e mai il tonitruante Brera si sognò di etichettarlo come "abatino", soprannome malignamente affibbiato, invece, all'unico concorrente, Gianni Rivera, che potesse confrontarsi, almeno quanto a classe pura, col "Piede Sinistro di Dio".
Di non facile collocazione tattica, vestiva il numero 11, all'epoca tipicamente riservato alle ali sinistre: tuttavia, la sua posizione in campo era quella di un trequartista ante litteram che si allargava spesso sul lato destro, per poi convergere e concludere a rete con il piede preferito;[4] successivamente, alcuni esponenti della stampa specializzata avrebbero accostato al suo stile di gioco quelli dei più giovani Evaristo Beccalossi[20][21] e, a grandi linee, Ryan Giggs.[4]
«Quando Suárez era in forma sapevamo di non perdere, ma quando Corso era in forma sapevamo di vincere.» |
(Carlo Tagnin, centrocampista dell'Inter dal 1963 al 1965[22]) |
Iniziò a giocare nell'Azzurra Verona, società del rione di San Giovanni in Valle, per poi trasferirsi all'Audace San Michele, quindi fu scoperto dall'Inter, dove si trasferì il 20 giugno 1958[23] insieme a Mario Da Pozzo e a Claudio Guglielmoni. Prezzo totale dell'operazione nove milioni di lire; a lui settantamila lire al mese.[16] In nerazzurro debuttò a 16 anni e 322 giorni, in una partita di Coppa Italia contro il Como vinta per 3-0 dall'Inter, segnando il gol del 2-0 e diventando il più giovane marcatore della storia interista. Il 23 novembre dello stesso anno esordì in Serie A, nell'incontro vinto per 5-1 contro la Sampdoria.[24] In serie A segnò la prima rete a 17 anni, 3 mesi e 5 giorni il 30 novembre 1958 nel successo per 3-0 contro il Bologna.[25]
Fu una delle colonne della Grande Inter, spesso determinante[26], fantasista, regista e (sebbene non unico, in una formazione dove giovani talenti come Sandro Mazzola e Giacinto Facchetti completavano un organico di relativamente più "anziani" del calibro di Giuliano Sarti, Armando Picchi, Aristide Guarneri, poi Tarcisio Burgnich e, acquistato successivamente e per certe caratteristiche più direttamente concorrenziale nel ruolo con Corso, Luisito Suarez, con attaccanti quali Antonio Valentin Angelillo, Humberto Maschio, Joaquin Peirò, Jair da Costa, Angelo Domenghini, per completare anche l'attacco con l'acquisto dal Cagliari di Roberto Boninsegna) uomo-simbolo, nonostante uno scarso feeling col tecnico Helenio Herrera, che, per incompatibilità di carattere, ne chiedeva ogni anno la cessione scontrandosi col tassativo rifiuto del presidente Angelo Moratti[3][27] (i suoi commenti ironici e irriverenti urtavano l'ego del "Mago": particolarmente famoso restò l'episodio in cui, a Herrera che arringava la squadra annunciando una vittoria certa, Corso suggerì di sentire che cosa ne pensassero gli avversari nello spogliatoio accanto)[28] Tra il 1963 e il 1971 vinse quattro scudetti (1963, 1965, 1966 e 1971), due Coppe Campioni e due Coppe Intercontinentali (nel 1964 e 1965). Rimane celebre la rete segnata il 26 settembre 1964, nel terzo incontro tra i nerazzurri e l'Independiente valido per l'Intercontinentale: il suo gol, nel primo tempo supplementare, regalò al club milanese la vittoria e il titolo di campione del mondo.
La sua ultima apparizione con l'Inter (tornato Herrera alla guida tecnica della squadra e subentrato Ivanoe Fraizzoli a Moratti nella Presidenza, il tecnico avrebbe ottenuto la sua "vittoria" con la cessione dell'irriverente campione e con diversi anni di prestazioni e piazzamenti non esaltanti della squadra orfana del suo regista naturale) è del 17 giugno 1973, in un Inter-Juventus di Coppa Italia (finito 1-1): in quindici stagioni a Milano giocò 502 partite totali e segnò 94 reti.
Passò quindi al Genoa, in coincidenza col ritorno sulla panchina nerazzurra di Herrera. La sua prima stagione nel club ligure si concluse con la retrocessione in Serie B. Disposto a giocare con la maglia del "Grifone" anche in serie B, all'inizio dell'annata successiva subì un grave infortunio, fratturandosi la tibia;[29] dopo l'operazione e la convalescenza, rimossa la placca metallica, la tibia, non perfettamente saldata, si spezzò nuovamente durante un allenamento, ponendo fine alla sua carriera.[30]
Mario Corso era l’unico calciatore europeo che Pelé (il quale l'aveva soprannominato "il Professore"[31]) dichiaratamente avrebbe voluto nel suo Brasile[32]. In maglia azzurra, però, Corso non riuscì a eguagliare i risultati ottenuti con le squadre di club.[3] Fece il suo esordio in nazionale nel 1961, in occasione dell'amichevole persa contro l'Inghilterra per 2-3.[24] Il 15 ottobre dello stesso anno segnò i primi goal in azzurro, realizzando una doppietta contro Israele (qualificazione al campionato del mondo 1962) vinta per 2-4; al CT israeliano Gyula Mándi verrà attribuita la seguente dichiarazione, in riferimento alle due reti di Corso: «Siamo stati bravi ma ci ha battuto il piede sinistro di Dio».[4]
Escluso per volontà della terna Giovanni Ferrari - Helenio Herrera - Paolo Mazza dalla rosa dei convocati (il Presidente Moratti non aveva nel contesto azzurro alcuna possibilità di temperare i risentimenti del "Mago", e la "bicicletta" con Gianni Rivera fu risolta così a favore di quest'ultimo, poi impiegato nella sola partita di apertura, 0-0 con la Germania Ovest) per la deludente spedizione in Cile per i Mondiali 1962, ingloriosamente terminata al primo turno fra acri polemiche (e le recriminazioni per l'esclusione di Corso ne motivarono buona parte), Corso si "vendicò" clamorosamente durante un’amichevole tra l’Inter e la nazionale cecoslovacca, quando, riconosciuto Ferrari in tribuna, "Mandrake", avendo segnato un goal dei suoi, dedicò al CT, davanti all'intero stadio di San Siro, un beffardo "gesto dell’ombrello"[28]; la pubblica soddisfazione sarebbe costata al campione nerazzurro una lunga esclusione, salvo presenze saltuarie, dalla "rosa" della nazionale e l'esclusione perenne dalle diverse formazioni in occasione dei successivi "Mondiali"[28]. Il 10 maggio 1964 segnò l'ultimo goal in azzurro nell'incontro vinto 3-1 sulla Svizzera.
Non fu poi convocato per il campionato del mondo 1966, a causa di un contrasto personale con l'allenatore Edmondo Fabbri, che preferiva per la Nazionale l'impianto del Bologna a quello dell'Inter, e soprattutto col vice-allenatore Ferruccio Valcareggi[33], poi successore di Fabbri fino al 1974: la sconfitta col Nord Corea mise fine alle ambizioni italiane nel 1966, scatenando pesanti polemiche e per il campionato d'Europa 1968, vinto dall'Italia di Valcareggi.
Il 9 ottobre 1971 giocò la sua ultima partita in nazionale, Italia-Svezia (3-0). Giocò 23 volte con 4 reti in dieci anni.[24]
Nel 1967 la FIFA lo inserì nella formazione del Resto del Mondo, in un'amichevole contro la Spagna in onore del portiere Ricardo Zamora: la selezione internazionale vinse per 3-0.
Ritiratosi dai campi di gioco, si iscrive al corso per allenatori di Coverciano ottenendo il patentino nel 1977. La prima esperienza in panchina è con la Primavera del Napoli (1978-1979), che conduce alla vittoria dello scudetto di categoria. In seguito guida altre due squadre del Sud: Lecce e Catanzaro. Con i salentini ottiene la salvezza nel campionato di Serie B 1982-1983, mentre dalla dirigenza dei calabresi viene esonerato dopo 10 partite del campionato di Serie B 1983-1984. Tornato all'Inter, allena il settore giovanile, ma nel novembre 1985 il presidente Ernesto Pellegrini gli affida la prima squadra, per rimpiazzare Ilario Castagner: esordisce il 24 novembre, con un pareggio per 1-1 contro la Juventus di Trapattoni.
Il 6 aprile 1986 vince il derby di ritorno per 1-0, in quella che è la prima stracittadina di Silvio Berlusconi al comando della società rossonera. L'Inter chiuderà il campionato 1985-1986 al sesto posto, davanti ai cugini, qualificandosi per la Coppa UEFA. Nella stagione successiva non sarà confermato sulla panchina dei nerazzurri (il suo posto venne preso proprio dal "Trap") e rimarrà inattivo per un anno.
Nell'annata 1987-1988 guida il Mantova, portandolo a vincere il campionato di Serie C2: confermato anche l'anno seguente, porta i lombardi al sesto posto nel campionato di C1. Nel 1989-1990 viene chiamato sulla panchina del Barletta, che riesce a condurre alla salvezza nel campionato cadetto. Nella stagione 1991-1992 subentra a Fascetti alla guida del Verona in coppia con Nils Liedholm: è questo l'ultimo atto della sua carriera da tecnico, in quanto diviene poi osservatore per l'Inter.[16]
Stagione | Squadra | Campionato | Coppe nazionali | Coppe continentali | Altre coppe | Totale | |||||||||
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Comp | Pres | Reti | Comp | Pres | Reti | Comp | Pres | Reti | Comp | Pres | Reti | Pres | Reti | ||
1956-1957 | Audace SME | IV | 15 | 2 | - | - | - | - | - | - | - | - | - | 15 | 2 |
1957-1958 | Inter | A | 0 | 0 | CI | 1 | 1 | - | - | - | - | - | - | 1 | 1 |
1958-1959 | A | 18 | 4 | CI | 4 | 1 | CF | 1 | 0 | - | - | - | 23 | 5 | |
1959-1960 | A | 31 | 7 | CI | 1 | 3 | CF | 0 | 0 | - | - | - | 32 | 10 | |
1960-1961 | A | 31 | 10 | CI | 3 | 1 | CF | 5 | 3 | - | - | - | 39 | 14 | |
1961-1962 | A | 30 | 9 | CI | 0 | 0 | CF | 2 | 0 | - | - | - | 32 | 9 | |
1962-1963 | A | 30 | 8 | CI | 1 | 0 | - | - | - | - | - | - | 31 | 8 | |
1963-1964 | A | 28+1[34] | 6+0 | CI | 0 | 0 | CC | 5 | 2 | - | - | - | 34 | 8 | |
1964-1965 | A | 30 | 8 | CI | 2 | 0 | CC | 8 | 1 | CInt | 3 | 2 | 43 | 11 | |
1965-1966 | A | 30 | 3 | CI | 0 | 0 | CC | 6 | 1 | CInt | 2 | 0 | 38 | 4 | |
1966-1967 | A | 32 | 4 | CI | 0 | 0 | CC | 9 | 1 | - | - | - | 41 | 5 | |
1967-1968 | A | 24 | 2 | CI | 7 | 1 | - | - | - | - | - | - | 31 | 3 | |
1968-1969 | A | 27 | 4 | CI | 0 | 0 | - | - | - | - | - | - | 27 | 4 | |
1969-1970 | A | 23 | 2 | CI | 5 | 1 | CF | 8 | 0 | - | - | - | 36 | 3 | |
1970-1971 | A | 29 | 3 | CI | 1 | 0 | CF | 2 | 0 | CAI+TP | 3+4 | 0 | 39 | 3 | |
1971-1972 | A | 29 | 2 | CI | 9 | 1 | CC | 2 | 0 | - | - | - | 40 | 3 | |
1972-1973 | A | 21 | 3 | CI | 6 | 0 | CU | 0 | 0 | - | - | - | 27 | 3 | |
Totale Inter | 413+1 | 75+0 | 40 | 9 | 48 | 8 | 12 | 2 | 514 | 94 | |||||
1973-1974 | Genoa | A | 23 | 3 | CI | 3 | 3 | - | - | - | - | - | - | 26 | 6 |
1974-1975 | B | 3 | 0 | CI | 2 | 0 | - | - | - | - | - | - | 5 | 0 | |
Totale Genoa | 26 | 3 | 5 | 3 | - | - | - | - | 31 | 6 | |||||
Totale carriera | 454+1 | 80+0 | 45 | 12 | 48 | 10 | 12 | 2 | 560 | 104 |
In grassetto le competizioni vinte.
Stagione | Squadra | Campionato | Coppe nazionali | Coppe continentali | Altre coppe | Totale | % Vittorie | |||||||||||||||||||
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Comp | G | V | N | P | Comp | G | V | N | P | Comp | G | V | N | P | Comp | G | V | N | P | G | V | N | P | % | ||
1982-1983 | Lecce | B | 38 | 10 | 14 | 14 | CI | 5 | 2 | 2 | 1 | - | - | - | - | - | - | - | - | - | - | 43 | 12 | 16 | 15 | 27,91 |
lug.-nov. 1983 | Catanzaro | B | 9 | 1 | 3 | 5 | CI | 5 | 1 | 3 | 1 | - | - | - | - | - | - | - | - | - | - | 14 | 2 | 6 | 6 | 14,29 |
nov. 1985-1986 | Inter | A | 20 | 7 | 5 | 8 | CI | 4 | 3 | 0 | 1 | CU | 6 | 3 | 2 | 1 | TE | 3 | 0 | 2 | 1 | 33 | 13 | 9 | 11 | 39,39 |
1987-1988 | Mantova | C2 | 34 | 18 | 12 | 4 | CI-C | 6 | 1 | 2 | 3 | - | - | - | - | - | - | - | - | - | - | 40 | 19 | 14 | 7 | 47,50 |
1988-1989 | C1 | 34 | 10 | 13 | 11 | CI-C | 8 | 4 | 3 | 1 | - | - | - | - | - | - | - | - | - |
- |
42 | 14 | 16 | 12 | 33,33 | |
Totale Mantova | 68 | 28 | 25 | 15 | 14 | 5 | 5 | 4 | - | - | - | - | - | - | - | - | 82 | 33 | 30 | 19 | 40,24 | |||||
dic. 1989-1990 | Barletta | B | 23 | 6 | 12 | 5 | CI | 0 | 0 | 0 | 0 | - | - | - | - | - | - | - | - | - | - | 23 | 6 | 12 | 15 | 26,09 |
Totale carriera | 158 | 52 | 59 | 47 | 28 | 11 | 10 | 7 | 6 | 3 | 2 | 1 | 3 | 0 | 2 | 1 | 195 | 66 | 73 | 56 | 33,85 |
Controllo di autorità | VIAF (EN) 296949101 · LCCN (EN) no2013020381 · GND (DE) 1212397630 · WorldCat Identities (EN) lccn-no2013020381 |
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