Legionella

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Legionella
Legionella Plate 01.png
Classificazione scientifica
Dominio Prokaryota
Regno Bacteria
Phylum Proteobacteria
Classe Gamma Proteobacteria
Ordine Legionellales
Famiglia Legionellaceae
Genere Legionella
Brenner et al., 1979
Specie

Legionella adelaidensis
Legionella anisa
Legionella beliardensis
Legionella birminghamensis
Legionella bozemanii
Legionella brunensis
Legionella busanensis
Legionella cherrii
Legionella cincinnatiensis
Legionella donaldsonii
Legionella drancourtii
Legionella drozanskii
Legionella erythra
Legionella fairfieldensis
Legionella fallonii
Legionella feeleii
Legionella geestiana
Legionella gratiana
Legionella gresilensis
Legionella hackeliae
Legionella israelensis
Legionella jamestowniensis
Legionella jordanis
Legionella lansingensis
Legionella londiniensis
Legionella longbeachae
Legionella lytica
Legionella monrovica
Legionella moravica
Legionella nautarum
Legionella oakridgensis
Legionella parisiensis
Legionella pneumophila
Legionella quateirensis
Legionella quinlivanii
Legionella rowbothamii
Legionella rubrilucens
Legionella sainthelensi
Legionella santicrucis
Legionella shakespearei
Legionella spiritensis
Legionella steigerwaltii
Legionella taurinensis
Legionella tucsonensis
Legionella wadsworthii
Legionella waltersii
Legionella worsleiensis

La legionella (Legionella Brenner et al., 1979) è un genere di batteri gram-negativi aerobi. La legionella deve il nome all'epidemia acuta che nell'estate del 1976 colpì un gruppo di veterani della American Legion riuniti in un albergo di Philadelphia causando ben 34 morti su 221 contagiati (erano presenti oltre 4.000 veterani), con eziologia ignota a quel tempo; solo in seguito si scoprì che la malattia era stata causata da un batterio, denominato legionella, che fu isolato nel gennaio del 1977 nell'impianto di condizionamento dell'hotel dove i veterani avevano soggiornato[1].

"Legionellosi" è la definizione di tutte le forme morbose causate da batteri Gram-negativi aerobi del genere Legionella.

Il genere Legionella comprende 61 diverse specie (sottospecie incluse) e circa 70 sierogruppi . Non tutte le specie sono state associate a casi di malattia nell’uomo. Legionella pneumophila è la specie più frequentemente rilevata nei casi diagnosticati (Fields et al., 2002) ed è costituita da 16 sierogruppi di cui Legionella pneumophila sierogruppo 1, (responsabile dell’epidemia di Filadelfia), è causa del 95% delle infezioni in Europa e dell’85% nel mondo. Anche in Italia l’analisi della distribuzione di specie e sierogruppi isolati nel nostro territorio ha confermato la prevalenza di Legionella pneumophila e in particolare del sierogruppo 1 nei casi di malattia (Fontana et al., 2014).

Habitat

Le legionelle sono ampiamente diffuse in natura. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali: acque sorgive (comprese quelle termali), fiumi, laghi, fanghi, ecc. Da questi ambienti esse raggiungono quelli artificiali come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo, creando una potenziale situazione di rischio per la salute umana (Declerck et al., 2007; Fliermans et al.,1981).

Le legionelle prediligono gli habitat acquatici caldi: si riproducono tra 25 °C e 42 °C, ma sono in grado di sopravvivere in un range di temperatura molto più ampio, tra 5,7 °C e 63 °C, questi batteri presentano anche una buona sopravvivenza in ambienti acidi e alcalini, sopportando valori di pH compresi tra 5,5 e 8,1.

Infezione

Non è mai stata dimostrata la trasmissione interumana della malattia.

La Legionella penetra nell'ospite attraverso le mucose delle prime vie respiratorie, in seguito ad inalazione di aerosol contaminati o più raramente di particelle di polvere da essi derivate per essiccamento o aspirazione di acqua contaminata. Non è nota la dose infettante per l'uomo. Neppure si conoscono le ragioni della diversa virulenza nelle differenti specie e sierogruppi di Legionella che tuttavia potrebbero essere attribuite alla idrofobicità di superficie, alla stabilità nell'aerosol e alla capacità di crescere all'interno delle amebe. Le goccioline si possono formare sia spruzzando l'acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide. La pericolosità di queste particelle d'acqua è inversamente proporzionale alla loro dimensione. Gocce di diametro inferiore a 5 μm arrivano più facilmente alle basse vie respiratorie. Sono stati inoltre segnalati in letteratura casi di legionellosi acquisita attraverso ferita (Brabender et al., 1983; Lowry et al., 1991; Lowry and Tompkins, 1993).

Quadro clinico

L'infezione da legionella può dare luogo a due distinti quadri clinici:

  1. la febbre di Pontiac che si presenta come una malattia acuta autolimitante che non interessa il polmone: dopo un periodo di incubazione di 24-48 ore compaiono febbre, malessere generale, mialgia, cefalea ed a volte tosse e gola arrossata, che si risolve in 2-5 giorni.
  2. la malattia dei legionari legionellosi è una polmonite che si manifesta dopo un’incubazione di 2-10 giorni (in media 5-6 giorni), si manifesta come una polmonite infettiva, con o senza manifestazioni extrapolmonari.

Fattori di rischio

I principali fattori di rischio che favoriscono l'acquisizione della legionellosi sono:

  • età avanzata
  • patologie cronico-degenerative
  • immunodeficienza
  • fumo
  • sesso maschile

Il rischio di acquisizione della malattia è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto e al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione.

In Italia è stato registrato mediamente qualche centinaio di casi di legionellosi ogni anno ma si ritiene che tale numero sia in realtà sottostimato, anche perché a volte la malattia non viene diagnosticata. La malattia è letale nel 5-15% dei casi.

Impianti critici

Le installazioni che producono acqua nebulizzata, come gli impianti di condizionamento, le reti di ricircolo acqua calda negli impianti idrico-sanitari, costituiscono dei siti favorevoli per la diffusione del batterio. Considerato che l'intervallo di proliferazione del batterio va dai 15 °C a 50 °C (fino a 22 °C il batterio esiste ma è inattivo), esistono delle zone critiche negli impianti idrosanitari: all'interno delle tubazioni, specialmente se obsolete e con depositi all'interno, o anche in tratti chiusi, nei serbatoi di accumulo, nei bollitori, nei soffioni della doccia e nei terminali di distribuzione; anche i sistemi idrici di emergenza, come le docce di decontaminazione, le stazioni di lavaggio per gli occhi e i sistemi sprinkler antincendio possono essere luogo di proliferazione. La legionella è stata rilevata anche in vasche e piscine per idromassaggio. Questi impianti usano acqua calda (in genere tra 32 e 40 °C) e iniettano getti di acqua o aria a grande velocità: i batteri possono essere rilasciati nell'aria dalle bolle che risalgono o con un fine aerosol.

Alcuni casi di legionellosi sono stati associati alla presenza di fontane decorative in cui acqua viene spruzzata in aria o fatta ricadere su una base. Le fontane che funzionano a intermittenza presentano un rischio più elevato di contaminazione. Gli altri impianti dove il rischio legionella è elevato sono le torri di raffreddamento a circuito aperto e a circuito chiuso, laddove nelle vicinanze ci sia la presenza di canalizzazioni di ripresa o aspirazione d'aria. Da considerare anche gli impianti di condizionamento dell'aria, come gli umidificatori/raffrescatori a pacco bagnato, i nebulizzatori, i sistemi a spruzzamento, il raffreddamento adiabatico. Un'ulteriore fonte di rischio sono gli accumulatori, normalmente presenti negli impianti solari per la produzione di ACS (acqua calda sanitaria), la cui temperatura normale di esercizio si aggira attorno ai 50 °C. La nebulizzazione avviene nei miscelatori di erogazione presenti all'interno della casa, ad esempio quelli della doccia o del bagno. In alternativa è possibile utilizzare una Fresh Water Unit che non consente un contatto diretto tra acqua accumulata e quella utilizzata. Nel febbraio 2012, The Lancet ha riportato il caso di un'anziana deceduta nell'ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì, la quale aveva contratto la legionellosi attraverso l'apparecchio di nebulizzazione di un dentista.[2]

Misure di prevenzione

Le strategie per combattere la proliferazione della legionella nascono innanzitutto dalla prevenzione da effettuarsi in sede di progetto e da una gestione/manutenzione adeguata al rischio e professionale. Il Rischio Legionella è contemplato nel Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro, (Elenco degli agenti biologici I), inoltre sono state pubblicate Linee-guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi, negli impianti idrico sanitari e negli impianti di climatizzazione, approvate dalla Conferenza Permanente Stato/Regioni, essendo la salute e sicurezza materia concorrente. Una corretta progettazione, installazione e manutenzione è descritta nella norma tecnica UNI 9182. Per quanto riguarda gli impianti idraulici, si raccomanda di:

  • evitare tubazioni con terminali ciechi o senza circolazione;
  • evitare formazione di ristagni;
  • evitare lunghezze eccessive di tubazioni;
  • evitare contatti tra acqua e aria o accumuli in serbatoi non sigillati;
  • prevedere una periodica e facile pulizia;
  • scegliere con cura i materiali (è stato rilevato che le tubazioni di rame riducono la proliferazione della legionella)[3];
  • evitare la scelta impiantistica di torri evaporative in favore di soluzioni alternative, come i sistemi water spray system, pozzi geotermici;
  • prevenire la formazione di biofilm e incrostazioni.

I trattamenti da effettuare, tenuto conto che bisogna rimuovere le cause, cioè i biofilm e le incrostazioni, una volta constatata la proliferazione vanno valutati caso per caso; in genere i più comuni sono:

  • Trattamento termico, in cui si mantiene l'acqua a una temperatura superiore ai 60 °C, condizione in cui si inattiva la legionella;
  • Shock termico: si eleva la temperatura dell'acqua, generalmente per mezzo di scambiatori di calore, fino a 70-80 °C per almeno 30 minuti al giorno per tre giorni, fino ai rubinetti;
  • Iperclorazione continua: si introduce cloro nell'impianto sotto forma di ipoclorito di calcio o di sodio, fino a che la concentrazione residua del disinfettante sia compresa tra 1 e 3 mg/l;
  • Iperclorazione shock: si mantiene una concentrazione di 50 mg/l per un'ora oppure 20 mg/l per due ore;
  • Biossido di cloro: consente una disinfezione continua, con valori modesti di cloro residuo, mantenendo la potabilità dell'acqua, rimuove il biofilm (habitat naturale della legionella) e costituisce un'azione molto prolungata sia nel tempo sia nella distanza dal punto di iniezione; i valori consigliati sono di 0,2-0,4 mg/l; non produce sottoprodotti (tipo i THM), viene prodotto in loco con appositi generatori con capacità di produzione adeguate all'impianto da disinfettare; con le concentrazioni sopra dette non produce aggressioni alle tubazioni;[4]
  • monoclorammina: le monoclorammine sono più stabili del cloro libero, hanno un maggior potere residuo, non danno origine a trialometani e penetrano meglio nel biofilm. Dosaggi ottimali per l'eradicazione della legionella sono 2–3 mg/l;
  • Raggi ultravioletti: la luce UV (254 nm), generata da speciali lampade, uccide i batteri;
  • Ionizzazione rame-argento: si producono ioni generati elettroliticamente fino a una concentrazione di 0,02-0,08 mg/l di Ag e 0,2-0,08 mg/l di Cu;
  • Colloidi rame-argento: a differenza della ionizzazione, molto instabile, si utilizzano nano particelle ognuna delle quali ha oltre 6 milioni di ioni in superficie, che sono i veri biocidi;
  • Perossido di idrogeno e argento: si sfrutta l'azione battericida e sinergica tra l'argento e una soluzione concentrata di perossido di idrogeno (acqua ossigenata).
  • Ozono: L'attività germicida dell'ozono si fonda sulla elevata capacità di ossidante diretto; grazie a questa qualità, tutte le strutture macromolecolari delle cellule (muffe, batteri acetici, eterolattici, lieviti apiculari, ecc.) vengono profondamente alterate e inattivate;
  • Filtri terminali: applicati direttamente al punto di prelievo, formano una barriera meccanica (0,2 µm) al batterio della Legionella e proprio per questo garantiscono una protezione assoluta al 100%. Questi devono essere sostituiti con una certa periodicità, in base alla dichiarazione del produttore. L'installazione di detti filtri risulta agevole grazie alla loro praticità e sicurezza. Essi sono ampiamente utilizzati in ambienti Ospedalieri, Case di cura, Rsa, Poliambulatori (reparti grandi Ustionati, reparti di Neonatologia, reparti di Oncologia, Trapianto Midollo ecc.), ossia dove sono ricoverati pazienti Immunocompromessi e/o Immunodepressi i quali risultano più esposti ad un eventuale contaminazione/infezione e sui quali, in caso di contagio, il batterio della Legionella potrebbe avere un effetto addirittura letale.

Tutti i trattamenti sopra descritti sono più o meno utili e funzionanti, ma tutti concordano che il massimo risultato si ottiene con l'eliminazione del biofilm. Sulla base della normativa italiana, il rischio legionella deve essere contenuto nel Documento di valutazione dei rischi (DVR) che ogni datore di Lavoro ha l'obbligo di redigere.

Terapia farmacologica

Levofloxacina o moxifloxacina sono gli antibiotici d'elezione. In alternativa è indicato l'antibiotico azitromicina. Inizialmente è preferibile somministrare la terapia endovena.

Note

  1. ^ (EN) Legionnaires' disease, in The Lancet, vol. 387, n. 10016, 23 gennaio 2016, pp. 376–385, DOI:10.1016/S0140-6736(15)60078-2. URL consultato il 12 settembre 2018.
  2. ^ The Lancet, Volume 379, 9816, P. 684, 18 febbraio 2012.
  3. ^ Legionella e tubazioni: una ricerca sui materiali
  4. ^ Strutture ricettive e controllo della Legionella: nuove strategie e successi, 8 novembre 2017. URL consultato il 5 dicembre 2017.

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