La grande bellezza

La grande bellezza
La grande bellezza.JPG
Toni Servillo in una scena del film
Lingua originaleitaliano
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno2013
Durata142 min
172 min (versione estesa)
Rapporto2,35:1
Generedrammatico, commedia, grottesco
RegiaPaolo Sorrentino
SoggettoPaolo Sorrentino
SceneggiaturaPaolo Sorrentino, Umberto Contarello
ProduttoreNicola Giuliano, Francesca Cima, Fabio Conversi
Produttore esecutivoViola Prestieri
Casa di produzioneIndigo Film, Medusa Film, Babe Films, Pathé
Distribuzione in italianoMedusa Film
FotografiaLuca Bigazzi
MontaggioCristiano Travaglioli
Effetti specialiRodolfo Migliari, Luca Della Grotta
MusicheLele Marchitelli
ScenografiaStefania Cella
CostumiDaniela Ciancio
TruccoMaurizio Silvi
Interpreti e personaggi
Doppiatori originali

La grande bellezza è un film del 2013 co-scritto e diretto da Paolo Sorrentino. Ha vinto il Premio Oscar come miglior film straniero.

La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso regista assieme a Umberto Contarello.

È stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2013.[1] [2] Nel 2014 ottiene il Golden Globe e il BAFTA nella stessa categoria, quattro European Film Awards, nove David di Donatello (su 18 nomination), cinque Nastri d'Argento e numerosi altri premi internazionali.[3]

Il film si apre con una citazione da Viaggio al termine della notte di Louis-Ferdinand Céline, che funge da chiave di lettura introduttiva per il "viaggio" narrato ne La grande bellezza: «Viaggiare, è proprio utile, fa lavorare l'immaginazione. Tutto il resto è delusione e fatica. Il viaggio che ci è dato è interamente immaginario. Ecco la sua forza. Va dalla vita alla morte. Uomini, bestie, città e cose, è tutto inventato, è un romanzo, nient'altro che una storia fittizia. Lo dice Littré, lui non si sbaglia mai. E poi in ogni caso tutti possono fare altrettanto. Basta chiudere gli occhi, è dall'altra parte della vita».[4][5][6]

Trama

«A questa domanda, da ragazzi, i miei amici davano sempre la stessa risposta: "La fessa". Io, invece, rispondevo: "L'odore delle case dei vecchi". La domanda era: "Che cosa ti piace di più veramente nella vita?". Ero destinato alla sensibilità. Ero destinato a diventare uno scrittore. Ero destinato a diventare Jep Gambardella.»

Jep Gambardella è un navigato giornalista di costume e critico teatrale, un uomo affascinante, impegnato per lo più a vagare tra gli eventi mondani di una Roma immersa nella bellezza della sua storia e nella superficialità dei suoi abitanti d'oggi, in un contrasto impietoso. Cimentatosi in gioventù anche nella scrittura creativa, è autore di una sola opera, L'apparato umano. Nonostante gli apprezzamenti e i premi ricevuti,[7] Gambardella non ha più scritto altri libri, non solo per sua pigrizia, ma soprattutto per un blocco creativo da cui non riesce a uscire[8]. Col tempo, lo scopo della sua esistenza è diventato quello di trasformarsi in "un mondano", ma non un mondano qualunque, bensì "il re dei mondani", come lui stesso confessa: «Quando sono arrivato a Roma, a 26 anni, sono precipitato abbastanza presto, quasi senza rendermene conto, in quello che potrebbe essere definito "il vortice della mondanità". Ma io non volevo essere semplicemente un mondano. Volevo diventare il re dei mondani. E ci sono riuscito. Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire».

Partecipa ogni notte a un teatrino confuso e annoiato di amici intimi e compagni di sventure («Siamo tutti sull'orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che guardarci in faccia, farci compagnia, prenderci un po' in giro...»), tra cui Romano, scrittore teatrale mai realizzato e perennemente al guinzaglio di una giovane donna che lo sfrutta; Lello, ricco venditore all'ingrosso di giocattoli dalla parlantina sciolta e marito infedele di Trumeau; Viola, facoltosa borghese e madre di un figlio affetto da gravi problemi psichici di nome Andrea che si suiciderà schiantandosi volontariamente con l'auto (uno tra gli eventi che avrà un ruolo nel cambiamento di Jep); Stefania, egocentrica scrittrice radical chic; Dadina, la direttrice nana del giornale su cui Jep scrive.

Anche la vita culturale non è più in grado di fornirgli stimoli, come quando assiste a un'esibizione di un'osannata artista bambina [9] e ne mette in evidenza l'inconsistenza intellettuale.

Una mattina, tornando da uno di quegli insipidi salotti, incontra il marito di Elisa, donna che un tempo era stata il suo primo (e probabilmente unico) amore: l'uomo lo attende davanti alla porta di casa per annunciargli, piangente, che Elisa è morta, lasciando dietro di sé solo un diario chiuso da un lucchetto, che l'uomo ha violato, in cui la donna narra dell'amore, mai perduto, verso Jep; il marito ha scoperto così di essere stato, per 35 anni, nient'altro che "un buon compagno". Il marito di Elisa ora afflitto e addolorato, ben presto, però, troverà consolazione nell'accoglienza affettuosa della sua domestica straniera.

Quest'episodio, unito al compimento del suo 65º compleanno, spinge Jep a una profonda e malinconica rivisitazione della sua vita, a una lunga meditazione su sé stesso e sul mondo che lo circonda, e soprattutto innescano in lui un pensiero che, probabilmente, albergava nascosto in lui da molto tempo, quello di cimentarsi ancora nella scrittura: «Ho una mezza idea di riprendere a scrivere», confida al suo amico Romano.

Roma diventa così teatro onirico di feste, vignette, presagi e incontri casuali, da Ramona, spogliarellista dai segreti dolorosi, al cardinale Bellucci, in cui è più viva la passione per la cucina che per la fede cattolica; ma, soprattutto, diventa il vero palcoscenico di Jep, sempre più convinto della futilità e dell'inutilità della sua esistenza. Il sogno di recuperare la sua identità di scrittore e letterato, di ritornare a quell'innocente bellezza del primo amore adolescenziale, sembrano infrangersi di fronte allo spettacolo aberrante e miserabile con cui Jep ogni sera deve e vuole confrontarsi.

Ben presto anche il suo "circolo vizioso" si rompe: Ramona, con cui aveva instaurato un rapporto innocente e profondo, muore per un male inguaribile; Romano, deluso dall'ingannevole attraenza di Roma, lascia la città salutando solo Jep; Stefania, umiliata da Jep che le aveva rivelato i suoi scheletri nell'armadio e le sue menzogne in faccia, abbandona il circolo mondano di Jep (rincontrandolo solo in seguito); Viola invece, dopo la morte del figlio, dona tutti i suoi beni alla Chiesa cattolica e diventa una missionaria in Africa.

La povertà di contenuti che continua a scorgere in queste feste trash e volgari lo induce infine, in un momento di ebbrezza, a un'amara confessione a cuore aperto: «Mi chiedono perché non ho più scritto un libro. Ma guarda qua attorno. Queste facce. Questa città, questa gente. Questa è la mia vita: il nulla. Flaubert voleva scrivere un romanzo sul nulla e non ci è riuscito: dovrei riuscirci io?». Sembra il segno di un fallimento durato un'intera vita: «Ho cercato la grande bellezza e non l'ho trovata» dice il protagonista.

Ma proprio nel momento in cui le speranze sembrano abbandonarlo definitivamente, ecco che l'illuminazione arriva: dopo un incontro, spinto da Dadina che vuole ottenere un'intervista, con una "Santa", una missionaria cattolica nel terzo mondo, Jep si reca all'Isola del Giglio per un reportage sul naufragio della Costa Concordia[10]. E proprio qui, ricordandosi del suo primo incontro con Elisa in un flashback, si riaccende in lui un barlume di speranza: il suo prossimo romanzo è finalmente pronto per venire alla luce.

Sullo sguardo finalmente sereno di Jep, che osserva sorridente l'alba romana, si chiude il film, sulle note di The Beatitudes di Vladimir Martynov, suonato dal Kronos Quartet.

Produzione

Le riprese del film sono iniziate a Roma il 9 agosto 2012.[11][12] Le scene ambientate al mare sono state girate invece nei primi di settembre all'Isola del Giglio, presso il faro di Capel Rosso, visibile nel film.[13] Il film è costato circa 9,2 milioni di euro.[14]

Scene tagliate

«Sono molto felice che la versione integrale de La grande bellezza possa arrivare per tre giorni al cinema. Durante il montaggio è stato necessario sacrificare alcune scene, fare delle scelte. Questa versione restituisce il film nella sua interezza, permettendo di apprezzare a pieno il lavoro di tutti gli attori, in particolar modo le interpretazioni di Giulio Brogi e Fiammetta Baralla che hanno impreziosito il film con il loro talento e la loro sensibilità.[15]»

Nei titoli di coda del film il regista ringrazia Giulio Brogi e Fiammetta Baralla per la partecipazione. Le scene in cui erano presenti gli attori sono state tagliate nella versione distribuita del film. Queste scene compaiono invece nella versione integrale proiettata dal 27 al 29 giugno 2016 nei cinema.[16] In una scena Brogi, nei panni di un anziano regista, racconta a Jep Gambardella la sua prima sensazione di "incanto" visivo: l'accensione del primo semaforo installato a Milano tra piazza Duomo e via Torino: «Mi pare che fosse il 12 aprile 1925. Mio padre mi mise sulle spalle perché c'era una gran folla, ma capisce? Una folla, radunata per vedere un semaforo. Che bellezza! Che grande bellezza!»[17] Nell'altra scena tagliata compare Fiammetta Baralla che interpreta la vecchia madre di Sabrina Ferilli.

Colonna sonora

  1. Torino Vocalensemble – I Lie – 5:36 (musica: David Lang) – registrato da Fabrizio Argiolas
  2. Maya Beiser – World to Come IV – 3:54 (musica: David Lang)
  3. Else Torp – My Heart's in the Highlands (feat. Christopher Bowers-Broadbent) – 8:29 (testo: Robert Burns – musica: Arvo Pärt)
  4. Lele MarchitelliTime – 1:28
  5. Kronos QuartetThe Beatitudes – 5:25 (musica: Vladimir Martynov)
  6. Zbigniew PreisnerDies Irae – 4:54
  7. The Choir of the Temple Church – The Lamb – 3:33 (musica: John Tavener)
  8. Donald Johanos – Sinfonia in do maggiore - II (Andante adagio) – 9:35 (musica: Georges Bizet)
  9. Lele Marchitelli – River Flows – 1:56
  10. Dawn UpshawSinfonia n. 3 - III (Cantabile semplice) – 16:56 (musica: Henryk Górecki)
  11. Mikk Üleoja – Beata Viscera – 8:15 (musica: Perotinus)
  12. Bob SinclarFar l'amore (feat. Raffaella Carrà) – 6:25 (Vittorio Sessa Vitali, Carmelo Carucci)
  13. Decoder Ring – More Than Scarlet – 2:50
  14. Gui Boratto – Take My Breath Away – 6:48 (Gui Boratto)
  15. Lele Marchitelli – Brain Waves – 2:03
  16. Damien JuradoEverything Trying – 3:26 (Damien Jurado)
  17. Tape – Parade (feat. Damien Lindelof) – 5:39 (Tape)
  18. Lele Marchitelli – Color My World – 3:06
  19. Antonello VendittiForever – 4:13 (Antonello Venditti)
  20. Lele Marchitelli – Surge of Excitement – 2:31
  21. Rachel'sWater from the Same Source – 6:18 (Rachel's)
  22. Lele Marchitelli – Settembre non comincia – 1:56
  23. Monica Cetti – Ti ruberò – 2:58 (Bruno Lauzi)
  24. Lele Marchitelli – Trumeau – 5:16
  25. La Banda Gorda – Que no se acabe el mambo – 3:44
  26. Studio Allstars – We No Speak Americano – 4:30 (Yolanda Be Cool)
  27. Exchpoptrue – Discoteca – 5:25 (Exchpoptrue)
  28. El Gato DJ – There Must Be an Angel – 5:11 (Lorraine Bowen)
  29. Lele Marchitelli – Ramona – 3:01

Durata totale: 145:21

Distribuzione

Cinematografica

Il film è uscito nelle sale italiane il 21 maggio 2013, contemporaneamente alla presentazione al 66º Festival di Cannes. Il giorno seguente è stato distribuito in Francia dalla Pathé. Nel settembre 2013 il film esce in Inghilterra, dove riceve un ampio consenso,[18] e in novembre negli Stati Uniti.

Dopo la vittoria del Golden Globe 2014, il 16 gennaio 2014 il film è ritornato nuovamente nelle sale cinematografiche delle principali città italiane.[19]

Dopo tre anni dall'uscita italiana e due dalla consacrazione agli Oscar, come preannunciato dalla Nexo Digital, dal 27 al 29 giugno 2016, è stata proiettata la versione integrale del film, arricchita di 30 minuti reintegrati.[20]

Televisiva

Dopo la vittoria dell'Oscar 2014, il 4 marzo 2014 il film è stato trasmesso in prima serata da Canale 5,[21] totalizzando 8 861 000 spettatori e raggiungendo il 36,11% di share, diventando quindi la pellicola cinematografica più vista degli ultimi dieci anni sulla televisione italiana.[22]

Accoglienza

Il cast de La grande bellezza ricevuto al Quirinale da Giorgio Napolitano

Incassi

Nella prima settimana di programmazione in Italia il film ha incassato 2 471 175 €. L'incasso totale nelle sale italiane è stato di 7 269 378 €.[23] Il film ha incassato in tutto il mondo 24.164.400 di dollari superando il budget di 9.200.000 euro.[24]

Critica

Critica italiana

È stato osservato che mentre la critica cinematografica internazionale ha giudicato in genere positivamente il film di Sorrentino, quella italiana si è divisa in giudizi severi:[25]

«Magari La grande bellezza si accontentasse di essere un brutto film. È piuttosto "un'esperienza emotiva inedita", come ha scritto Walter Veltroni sul Messaggero di ieri.»

(Nanni Delbecchi, recensione su Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2013)

Oppure di grande apprezzamento:[26]

«È un film disorganico, opulento, frammentario e sfacciato, ma anche bello da ridurti in lacrime, questo omaggio alla Capitale firmato da Paolo Sorrentino.»

(Alessia Starace, recensione su Movieplayer.it, 21 maggio 2013)

Contrasto di giudizi che è stato variamente interpretato,[27] ma che nelle valutazioni negative sembra ricollegarsi al motivo ricorrente della supposta presunzione e ambizione del regista di proporre una sua visione, quasi un seguito de La dolce vita di Federico Fellini,[28] che trova invece accoglienza nell'immaginario degli spettatori stranieri che apprezzano questa riproposizione.

Viene però notato che in realtà[29]:[25]

«La grande bellezza sta a La dolce vita come la via Veneto di oggi sta alla via Veneto del 1959. Adesso è solo una strada di hotel di lusso dove è vano ricercare il clima notturno di un tempo: i caffè affollati di artisti e intellettuali, le scorribande di divi e fotografi, i night-club frequentati da una variegata fauna di nobili, perdigiorno e letterati.»

(Alessandra Levantesi Kezich, recensione su La Stampa, 21 maggio 2013)

«La dolce vita è entrato nella storia perché fu un corto circuito tra l'immaginazione di Fellini e una Roma vera, viva, esagerata, in un certo senso già felliniana di suo. I paparazzi e i divi c'erano davvero, gli scrittori di talento che si dissipavano e lavoravano per il cinema pure [...].»

(Nanni Delbecchi, recensione su Il Fatto Quotidiano, 30 maggio 2013)

Si rimprovera inoltre al regista una compassata freddezza e distanza dai personaggi della sua storia e dalla bellezza di Roma che è la grande protagonista incombente in tutto il film:

«Il Fellini della Dolce vita, cui si pensa immancabilmente, aveva una pietas profonda verso i suoi personaggi, e quella compassione permetteva allo spettatore di allora come di adesso, di agire una qualche proiezione emotiva. La grande bellezza di Sorrentino è invece abissale, freddissima, distanziata, un ologramma sullo sfondo.[30]»

(Dario Zonta, recensione su MyMovies)

Per altri invece proprio la rivisitazione dei temi felliniani nella visione di Sorrentino costituisce il maggior titolo di merito del film:[31]

«Con tutte le rughe, gli eccessi, la sovrabbondanza di scene e "finali", il difficile paragone con Fellini e quant'altro gli si voglia attribuire come difetto io da semplice appassionato spettatore dico: "Capolavoro Indimenticabile!!" perché davvero emozionante e sincero.»

(Luciano Stella, recensione su L'Huffington Post, 17 gennaio 2014)

Mentre per Alessio Bosco, sulla testata giornalistica indie-eye.it, Fellini, Scola e Ferreri sono proprio il punto debole di un cinema inutilmente citazionista:[32]

«La Grande Bellezza, ripete oltraggiosamente il modulo sorrentiniano spostandolo su un citazionismo blando e malposto, in cui allo Scola di cui sopra, fanno eco il Ferreri de L’Udienza ed il Fellini catodico degli spot anni ’80 ma nella defatigante rincorsa a quell’atto immortale d’amore/odio che fu Roma; quella di Sorrentino è invece una bolla papalina, di nani e ballerine, giraffe e cicogne, che per quanto sospesa e notturna non lascia alcun segno.»

(Alessio Bosco, recensione su indie-eye.it, 30 maggio 2014)

Mariarosa Mancuso, su Il Foglio, fa notare come nelle scene degli incontri e delle feste sulle terrazze romane non sia stato incluso nessun personaggio che abbia a che fare con la politica, a differenza, ad esempio, de La terrazza di Ettore Scola, a cui la pellicola di Sorrentino è stata paragonata.[33]

Stenio Solinas, in un articolo per Il Giornale, si focalizza sull'importanza che ha il tempo all'interno della pellicola:[34]

«Il tempo è infatti il tema della Grande bellezza. Lo abbiamo sprecato, ce lo siamo lasciati sfuggire tra le mani, e ora non resta altro che il ricordo, la memoria, la nostalgia. Quest'ultima è una delle poche armi a nostra difesa, dice uno dei tanti protagonisti del film, il meno cinico, il più fragile e insieme l'unico che cerchi di trovare una via di fuga (Carlo Verdone) [...]»

(Stenio Solinas, recensione su Il Giornale, 22 maggio 2013)

Natalia Aspesi, su Repubblica, ha elogiato il film non solo per la trama e la caratterizzazione dei personaggi ma anche per la sceneggiatura e la colonna sonora:[35]

«Con “La grande bellezza” Paolo Sorrentino sembra voler convincere che sì, quella che racconta è davvero “una Babilonia disperata” nel cuore oscuro e invidiato della capitale: e sembra riuscirci con la forza delle immagini e i virtuosismi visivi (di Luca Bigazzi), con il montaggio implacabile (di Cristiano Travaglioli), la colonna sonora (di Lele Marchitelli), che stordisce con la disco music e incanta con la musica sacra, una sceneggiatura (di Sorrentino, che è un vero scrittore, e Umberto Contarello) veloce e crudele.»

(Natalia Aspesi, recensione su Repubblica, 21 maggio 2013)

C'è chi ha apprezzato soprattutto il contrasto tra i concetti di bellezza e di morte all'interno del film:[36]

«Non c'è bellezza nella Roma splendida di Sorrentino. La volgarità e il cinismo ne sono padroni, come lo sono di Jep, che tuttavia ne ha orrore. [...] non ha vie d'uscita. O ha la sola che la vita garantisce a tutti. Lui l'attende. [...] un ritorno a casa e alla grande bellezza di un amore intenso e dolce dei vent'anni. Ma sopra le immagini luminose di quella bellezza emerge la decrepitezza della santa africana. Il suo corpo e il suo viso si tendono nello sforzo di salire una scala che dovrebbe garantirle l'indulgenza per sfuggire alle fiamme dell'inferno. E a noi sembrano lo spasimo stesso della morte.»

(Roberto Escobar, recensione su l'Espresso, 4/5 stelle, 30 maggio 2013)

Cristina Piccino, su il manifesto, analizza più a fondo il concetto di "bellezza" proposto da Sorrentino:[37]

«Quale è la «Bellezza« che [il regista] cerca con la magniloquenza esibita fino allo sfinimento virtuosistico della sua macchina da presa? La «Bellezza» che ruba lo sguardo, e stordisce? Nella sua antropologia dei salotti, [la Bellezza] è una Città trasognata dall'alto, vista quasi soltanto dalle terrazze dei palazzi. Non sono più i tempi della 'Dolce Vita' e Roma non è più la città del cinema anche se il cinema si fa sempre a Roma. Ed è quel cinema che Sorrentino cerca, o meglio la sua immagine svuotata come in una specie di parco a tema.»

(Cristina Piccinino, recensione su il manifesto, 21 maggio 2013)

Dopo aver scaturito una vasta serie di critiche, il film è stato utilizzato anche come uno specchio sulla realtà italiana post-crisi.

Philippe Ridet, corrispondente a Roma di Le Monde, critica il film su Internazionale sostenendo i giornalisti de La Stampa Raffaella Silipo e Gianni Riotta[38]:

«La vittoria dell’Italia? Sì, ma quale Italia? “Gli americani si immaginano l’Italia esattamente così”, ricordava lunedì scorso Raffaella Silipo sulla Stampa: “Splendide pietre e abitanti inconcludenti, i giovani che fuggono e i vecchi che si dipingono e si smemorano ballando”. Martedì Gianni Riotta, sempre sulla Stampa, evoca una ricompensa che “suona come un avvertimento”: “Sorrentino firma il film dell’Italia rassegnata a non avere credibilità. Continuiamo così e finiamo eleganti straccioni a guardare il passato, vincendo magari un sacco di Oscar, ma senza un domani dignitoso”.

Ma i seimila votanti di Hollywood sono fatti così. Amano l’Italia per come se la immaginano, così come tutti i membri delle giurie che hanno premiato il film in giro per il mondo prima del suo trionfo a Los Angeles. 5 maggio 2014»

Il pensiero di Ridet sarà controbattuto in un articolo di Tiziano Peccia per la rivista accademica brasiliana O Olho da História in un articolo che - dedicato alla bellezza - segue la morte di Umberto Eco[39]:

«La visione di Philippe Ridet plagia di grottesco e superficiale l’intelligenza della penisola, al sol pensiero di un'Italia che possa celebrare una propria decadenza. L’affermazione tratta dal suo articolo "L’Italia rise nel vedere sé stessa nello specchio de La Grande Bellezza" stereotipa l’italiano medio ad un Griffolino d’Arezzo da Divina Commedia, ove il personaggio dantesco si riempiva d’arie nonostante la propria collocazione infernale. Eppure bisogna porsi un quesito: era questo il messaggio di Sorrentino? Il regista napoletano voleva enfatizzare il tema della decadenza italiana, come denunciato dai Media, e non, più profondamente, quello della frenesia moderna e mondana che ti seduce, ammalia, concupisce, e poi abbandona gravido di una manciata di sogni infranti e dannati? Il fatto che un film come la Grande Bellezza possa essere interpretato come un quadro limitato al caso italiano profuma, utilizzando espressioni del giornalista Marco Travaglio, di retorica e provincialismo. Provincialismo di un popolo che probabilmente non è più abituato a sentir parlare di sé sotto un’ottica positiva o meritocratica; un paese che trasforma in presa in giro un lavoro ben fatto ed apprezzato in scala planetaria. Il provincialismo diffuso è un frutto nuovo, per un paese, come l’Italia, abituato a millenni di grandezza e produzione artistica riconosciuta e stimata ovunque. Perché un’opera sulla decadenza dei costumi, come il Satyricon di Petronio, ove vengono descritti istinti animaleschi e dissolutezze, viene interpretato come lo specchio di un'umanità viziosa e selvaggia, e non come un quadro critico sulle realtà dissolute di Pozzuoli e Crotone?»

(Tiziano Peccia, "Critica e critiche alla grande bellezza", O Olho da História, numero 22 (aprile 2016))

Critica internazionale

Jay Weissberg di Variety descrive il film come:[40]

(EN)

«A densely packed, often astonishing cinematic feast that honors Rome in all its splendor and superficiality.»

(IT)

«Un’intensa e spesso sorprendente festa cinematografica che rende onore a Roma in tutto il suo splendore e la sua superficialità.»

(Jay Weissberg, recensione su Variety, 20 maggio 2013)

Sul Guardian Peter Bradshaw recensisce il film valutandolo con 5 stelle su 5 (definendolo «straordinario») e conclude la sua critica scrivendo che:[41]

(EN)

«[...] And for its intense, unbearable melancholy, the final end-title sequence has to be watched through to the very end, until the screen goes dark»

(IT)

«[...] per la sua intensa, insopportabile malinconia, la sequenza dei titoli di coda deve essere guardata fino alla fine, fino a che lo schermo si oscuri.»

(Peter Bradshaw, recensione sul Guardian, 5/5 stelle, 5 settembre 2013)

Il critico cinematografico Robbie Colins, sul Daily Telegraph, definisce la pellicola:[42]

(EN)

«[...] a carnival of loosely connected vignettes, set at all-night parties, high society jamborees and shadowy religious congresses [...] a shimmering coup de cinema to make your heart burst, your mind swim and your soul roar.»

(IT)

«[...] un carnevale di immagini vagamente collegate, costituito dalle feste che durano tutta la notte, dai festini dell'alta società e dalle oscure riunioni di religiosi [...] un brillante colpo di cinema che fa scoppiare il tuo cuore, fa viaggiare la tua mente e fa ruggire la tua anima.»

(Robbie Colins, recensione sul Daily Telegraph, 5/5 stelle, 13 gennaio 2014)

Sulle pagine de L'Osservatore Romano, il giornale dello Stato del Vaticano, il critico Emilio Ranzato ha invece commentato negativamente il film.[43]

Giudizi

Promozione

Il 9 aprile 2013 è stato diffuso online il primo teaser trailer del film.[48]

Riconoscimenti

Note

  1. ^ Cannes 66: ecco tutti i film del Festival di Cannes 2013, badtaste.it. URL consultato il 21 dicembre 2013.
  2. ^ Il precedente premio Oscar per il miglior film straniero assegnato alla cinematografia italiana risale al 1999 per La vita è bella di Roberto Benigni che fu premiato anche come miglior attore protagonista. Il film ricevette un terzo premio Oscar per la migliore colonna sonora.
  3. ^ Elenco dei premi vinti su IMDb.
  4. ^ Daniela Brogi, La memoria e lo sperpero. Su “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino
  5. ^ Camillo De Marco, La Grande Bellezza: un viaggio al termine della notte
  6. ^ Roberta Michelino e Giulia Madron, Paolo Sorrentino. “Gli sparuti e incostanti sprazzi di bellezza”
  7. ^ Durante una conversazione con Romano, Jep cita, quasi schermendosi, un "Premio Bancarella" che il libro avrebbe ricevuto.
  8. ^ Lo affermano Paolo Sorrentino e Toni Servillo in un'intervista rilasciata a Lilli Gruber il 7 giugno 2013, durante la trasmissione "Otto e mezzo".
  9. ^ chiaramente ispirata a una performance di Marina Abramovic del 1977, "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino: un possibile itinerario di lettura tra arte contemporanea e arte antica, su www.finestresullarte.info. URL consultato il 7 dicembre 2019.
  10. ^ La grande bellezza vince l'Oscar: c'è anche un po' di Toscana, Il Tirreno, Grosseto, 3 marzo 2014
  11. ^ Servillo & Sorrentino, per Roma a caccia di "Grande bellezza", lastampa.it, 9 agosto 2012. URL consultato il 21 dicembre 2013.
  12. ^ Cinema, Sorrentino inizia le riprese - Servillo e Ferilli nel nuovo film su Roma, ilmessaggero.it, 10 agosto 2012. URL consultato il 21 dicembre 2013.
  13. ^ La grande bellezza, ciak al Giglio e sbarcano Sorrentino e Servillo, lanazione.it, 7 settembre 2012. URL consultato il 21 dicembre 2013.
  14. ^ budget, su pro-labs.imdb.com. URL consultato il 23 marzo 2014.
  15. ^ Paolo Sorrentino (Giulia Bianconi, La grande bellezza. Roma decadente in versione integrale, Il Tempo 27 giugno 2016
  16. ^ Il mattino.it, 27 giugno 2016
  17. ^ Su youtube la scena mancante - Un taglio cancella Brogi, volto-feticcio dei Taviani, ilgiornale.it, 22 maggio 2013. URL consultato il 24 dicembre 2013.
  18. ^ Paolo Sorrentino e "La grande bellezza" conquistano l'Inghilterra, ilcinemaitaliano.com, 13 settembre 2013. URL consultato il 21 dicembre 2013.
  19. ^ La Grande Bellezza, dopo i Golden Globe ritorna nelle sale cinematografiche, ilfattoquotidiano.it, 13 gennaio 2014. URL consultato il 4 marzo 2014.
  20. ^ Nexo Digital
  21. ^ "La grande bellezza" sbarca su Canale 5, tgcom24.mediaset.it, 4 marzo 2014. URL consultato il 5 marzo 2014.
  22. ^ "La Grande Bellezza", boom su Canale 5, tgcom24.mediaset.it, 5 marzo 2014. URL consultato il 5 marzo 2014.
  23. ^ La grande bellezza (2013), dettaglio degli incassi su IMDb
  24. ^ The Great Beauty (2013) - Box Office Mojo
  25. ^ a b Nanni Delbecchi, La grande bellezza come La dolce vita? Ma per favore, ilfattoquotidiano.it, 30 maggio 2013. URL consultato il 3 marzo 2014.
  26. ^ Alessia Starace, Recensione La grande bellezza (2013), Movieplayer.it. URL consultato il 3 marzo 2014.
  27. ^ Beppe Severgnini, Perché «La Grande Bellezza» piace tanto agli stranieri (e lascia perplessi alcuni italiani)?, corriere.it, 13 gennaio 2014. URL consultato il 3 marzo 2014.
  28. ^ Carlo Rienzi, La grande bellezza ... è una grande delusione, L'Huffington Post, 13 gennaio 2014. URL consultato il 3 marzo 2014.
  29. ^ Alessandra Levantesi Kezisch, Caro Sorrentino, l’Italia di oggi non è all’altezza della "Dolce vita", La Stampa, 21 maggio 2013. URL consultato il 3 marzo 2014 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2014).
  30. ^ Dario Zonta, Un carnevale escheriano, mai realmente tragico ma solo miseramente grottesco, MyMovies. URL consultato il 3 marzo 2014.
  31. ^ Luciano Stella, Grande Bellezza e Grande Emozione (perché tante critiche?), L'Huffington Post, 17 gennaio 2014. URL consultato il 3 marzo 2014.
  32. ^ Alessio Bosco, La grande Bellezza, il cinema conforme alla regola di Paolo Sorrentino, indie-eye.it, 30 maggio 2013. URL consultato il 25 marzo 2015.
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