Giuseppe De Donno (Mantova, 2 luglio 1967 – Curtatone, 27 luglio 2021) è stato un medico italiano.
Diplomato al liceo classico, dopo essersi laureato in medicina e chirurgia all'università di Modena con il massimo dei voti, De Donno completò i suoi studi attraverso diversi corsi di perfezionamento in fisiopatologia e allergologia respiratoria raggiungendo la specializzazione in pneumologia nel 1996, quando già lavorava nel reparto Malattie dell'Apparato Respiratorio del Policlinico dell'università modenese. Nel 2018 divenne quindi primario di pneumologia dell'ospedale mantovano "Carlo Poma", di cui era già stato dirigente della struttura di pneumologia a partire dal 2013.[1]
De Donno salì all'attenzione delle cronache durante la pandemia di COVID-19, quando fu tra i primi a promuovere la sperimentazione del plasma iperimmune, avviata nell'ospedale mantovano e poi estesasi anche ad altri ospedali, come il "San Matteo" di Pavia,[2] come cura alla malattia, ottenendo risultati che secondo alcuni potevano essere considerati eclatanti successi[3][4] ma suscitando anche diverse polemiche circa l'utilizzo di tale rimedio e sui suoi effettivi risultati.[5] Dopo che a maggio 2020 l'AIFA autorizzò uno studio nazionale, battezzato "Tsunami", per valutare l'efficacia e il ruolo del plasma, ponendo come "Principal Investigator" l'azienda ospedaliero-universitaria di Pisa e il "San Matteo",[6] De Donno, nel corso di un'audizione al Senato della Repubblica, si scagliò contro tale decisione, lamentando una minor esperienza da parte dell'ente pisano.[7] I risultati dello studio, riportati nell'aprile 2021, rivelarono la mancata evidenza di un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni,[8] inoltre, già a novembre 2020, uno studio realizzato dall'Hospital Italiano de Buenos Aires e pubblicato sulla rivista New England Journal of Medicine aveva sostenuto che l'utilizzo del plasma iperimmune sui pazienti gravi per Covid-19 non sortiva alcun effetto.[9][10]
Il 14 maggio 2021 la rivista medica The Lancet pubblicò i risultati dello studio scientifico condotto in 177 ospedali pubblici del Regno Unito su 11 558 pazienti[11][12] per valutare l'efficacia del metodo proposto da De Donno. La conclusione dello studio fu che "nei pazienti ricoverati con COVID-19, l'impiego di plasma autoimmune (high-titre convalescent plasma) non ha migliorato il tasso di sopravvivenza né altre insorgenze cliniche prespecifiche".[13]
Dopo essersi dimesso dal suo ruolo di primario al "Carlo Poma" agli inizi di giugno 2021, De Donno iniziò l'attività di medico di base il 5 luglio dello stesso anno. Poco meno di un mese dopo, il 27 luglio, De Donno venne rinvenuto morto nella sua casa di Curtatone; si ritiene che l'uomo si fosse suicidato impiccandosi.[14] Benché la sua morte sia stata presa a pretesto da diversi sostenitori di teorie del complotto per sollevare tesi a favore di posizioni antivacciniste, la famiglia del medico ha negato che De Donno fosse mai stato favorevole a queste ultime posizioni, invitando a non strumentalizzare la memoria dell'uomo.[15]
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