Gerardo Bianco

Gerardo Bianco
Gerardo Bianco 2006.jpg

Presidente del Partito Popolare Italiano
Durata mandato 12 gennaio 1997 –
2 ottobre 1999
Predecessore Giovanni Bianchi
Successore Carica cessata

Segretario del Partito Popolare Italiano
Durata mandato 1º luglio 1995 –
12 gennaio 1997
Presidente Giovanni Bianchi
Predecessore Rocco Buttiglione
Successore Franco Marini

Ministro della pubblica istruzione
Durata mandato 27 luglio 1990 –
13 aprile 1991
Capo del governo Giulio Andreotti
Predecessore Sergio Mattarella
Successore Riccardo Misasi

Vicepresidente della Camera dei deputati
Durata mandato 9 luglio 1987 –
22 luglio 1990
Presidente Nilde Iotti

Deputato della Repubblica Italiana
Legislature V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIV, XV
Gruppo
parlamentare
V-XI: DC
XIV: DL-L'Ulivo
XV: PD-L'Ulivo
Coalizione L'Ulivo (XIV)
L'Unione (XV)
Circoscrizione V-XI: Benevento-Avellino-Salerno
XIV-XV: Campania 1
Collegio XIV: Napoli-Fuorigrotta
Incarichi parlamentari
VIII legislatura:

IX legislatura:

X legislatura:

  • Presidente del Comitato per gli affari del personale (dal 22/10/1987 al 27/07/1990)

XI legislatura:

Sito istituzionale

Europarlamentare
Durata mandato 18 luglio 1994 –
20 luglio 1999
Legislature IV
Gruppo
parlamentare
PPE
Circoscrizione Italia meridionale
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politico DC (fino al 1994)
PPI (1994-2002)
DL (2002-2007)
Ind. (2007-2008)
RpI (2008-2014)
Titolo di studio Laurea in lettere classiche
Università Università Cattolica del Sacro Cuore
Professione Docente universitario

Gerardo Bianco (Guardia Lombardi, 12 settembre 1931Roma, 1º dicembre 2022[1]) è stato un politico e latinista italiano, esponente della Democrazia Cristiana, del Partito Popolare Italiano (di cui è stato segretario e presidente), della Margherita e della Rosa per l'Italia.

È stato deputato alla Camera per nove legislature (V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIV, XV), ricoprendo vari incarichi parlamentari, tra cui quello di capogruppo della Democrazia Cristiana, presidente dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e vicepresidente dell'aula stessa, e ministro della pubblica istruzione dal 27 luglio 1990 al 13 aprile 1991 nel governo Andreotti VI.

Biografia

Nato il 12 settembre 1931 a Guardia Lombardi, in provincia di Avellino, vincitore di una borsa di studio presso il Collegio Augustinianum dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, si laureò in lettere classiche all'Università degli Studi di Parma, diventando poi docente universitario di storia della lingua latina e letteratura latina presso la facoltà di lettere e filosofia (già Magistero) del medesimo ateneo. In gioventù è stato attivo nella Federazione universitaria cattolica italiana (FUCI).

Bianco assieme a Vittorio Orefice e il comandante dei Carabinieri Pietro Corsini all'uscita di Montecitorio

Bianco è stato eletto deputato alla Camera tra il 1968 e il 2008 in 9 legislature (V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIV, XV), 7 delle quali dal 1968 al 1994 con la Democrazia Cristiana (DC), per la quale è stato segretario provinciale di Avellino, Responsabile del settore della ricerca scientifica e dell'Ufficio Studi; inizialmente vicino alla corrente della DC "Base", composta prevalentemente da avellinesi e guidata da Fiorentino Sullo prima e Ciriaco De Mita dopo, se ne allontana nel 1978 per avvicinarsi a quella guidata da Carlo Donat-Cattin prima e Franco Marini dopo "Forze Nuove"[2]. Fu capogruppo a Montecitorio della DC nel corso della VIII legislatura della Repubblica dal 1979 al 1983, dove collaborò con il Partito Radicale per approvare vari provvedimenti.[3]

Gerardo Bianco assieme a Giorgio Napolitano alla cerimonia del Ventaglio 1982

Durante la X legislatura della Repubblica è stato vicepresidente della Camera dei deputati dal 1987 fino al 1990, quando divenne Ministro della pubblica istruzione a luglio 1990 (fino a marzo '91) nel sesto governo Andreotti, che accettò contro la sua volontà su pressione di Arnaldo Forlani.[3]

Dal 1992 al 1994 ha presieduto nuovamente il gruppo della DC alla Camera[4]. Personaggio di indiscussa moralità, è considerato nell'ambiente politico un uomo di cultura prestato alla politica. Ha caratterizzato la sua azione politica e di vita al rispetto delle istituzioni e dell'etica pubblica.

Partito Popolare Italiano

Gli inizi della Seconda Repubblica

Nel 1994, in seguito allo scioglimento della DC, travolta dall'inchiesta di Mani pulite e dal processo per mafia a carico di Giulio Andreotti, aderisce al rinato Partito Popolare Italiano (PPI) di Mino Martinazzoli[4]. Sempre nello stesso anno venne eletto Europarlamentare a Strasburgo del Partito Popolare Italiano (fino al 1999). Fu sempre affiancato dal suo principale segretario Francesco Cuoco detto Franco (Rutino, 26 agosto 1933 - Salerno, 27 novembre 2005).

Scontro con Rocco Buttiglione

Nel 1995 si schierò contro la virata a destra di Rocco Buttiglione, segretario del Partito Popolare Italiano, che l'8 marzo aveva deciso di allearsi con il Polo delle Libertà di Silvio Berlusconi in occasione delle elezioni regionali di quell'anno, in particolare in una lista unica insieme a Forza Italia, il Centro Cristiano Democratico (CCD) e altri partiti con unione dei simboli, ignorando l'ipotesi di alleanze col Partito Democratico della Sinistra e il problema dell'impossibilità di formare alleanze con gli ex-missini di Alleanza Nazionale (AN), accettando de facto anche l'appoggio di AN al secondo turno nelle elezioni amministrative del '95. Così Bianco raccolse intorno a sé una parte del centro e tutta la sinistra del partito, ottenendo la bocciatura della decisione del segretario dall'assemblea nazionale[5]. Nei giorni successivi la votazione fu annullata dal collegio dei probiviri presieduto dal "buttiglioniano" Gaetano Vairo, ma tutto il PPI facente capo a Bianco procedette per vie legali ordinarie ed elesse lo stesso Bianco segretario.

La frattura tra le due anime del partito, guidate da Buttiglione e Bianco, non si ricompose, tanto che alle elezioni regionali esse parteciparono separatamente: l'ala del partito fedele alla linea conservatrice sociale di Buttiglione presentò le liste comuni con Forza Italia e CCD in tutte le 15 regioni chiamate al voto, con la denominazione di "Forza Italia - il Polo Popolare", mentre quella cristiano sociale guidata da Bianco si presentò con proprie liste (in Toscana e nel Lazio assieme al Patto dei Democratici) alleate col centro-sinistra (tranne nelle Marche e in Campania dove sostenne propri candidati alla presidenza della Regione), denominata "Popolari" e con un simbolo inedito: un gonfalone bianco con sopra disegnato il profilo di uno scudo, il cui slogan adottato dai Popolari fu "lo scudo c'è, la croce aggiungila tu"; infatti l'uso del tradizionale scudo crociato era precluso dalla disputa in atto tra le due componenti per la proprietà del simbolo.

Il 24 giugno 1995, a seguito di mesi e mesi di vertenze giudiziarie, venne finalmente raggiunta un'intesa tra le due componenti che facevano capo a Buttiglione e Bianco nel PPI: si sarebbero separati, dove quella di Bianco conserva il nome del partito (Partito Popolare Italiano) mentre quella di Buttiglione mantenne il simbolo storico (lo scudo crociato), con il quale a luglio diede vita ai Cristiani Democratici Uniti.

Politiche del '96 e presidente del PPI

Bianco ha guidato il partito per tre anni, contribuendo in maniera determinante alla nascita della coalizione L'Ulivo e all'elezione del cattolico Romano Prodi alla carica di Presidente del Consiglio. In quelle elezioni politiche del 1996, nell'ambito della coalizione de L'Ulivo, il partito ha ottenuto il 6,8% dei voti ed è stato rappresentato nel governo Prodi I da tre ministri della Repubblica (Beniamino Andreatta, Michele Pinto e Rosy Bindi) e diversi sottosegretari, dove, come segretario del partito, avrebbe potuto candidarsi in qualsiasi collegio, ma scelse di rischiare candidandosi solo nel proporzionale. Nonostante la vittoria nazionale, Bianco non venne eletto parlamentare, non avendo preso abbastanza preferenze nella quota proporzionale, a causa dello scorporo.

Dopo quelle elezioni politiche del 1996, a gennaio del '97 lascia la segreteria del PPI e viene nominato presidente del partito, carica che ha ricoperto fino al 2 ottobre 1999.

Alle elezioni politiche del 2001 si ricandida alla Camera, e viene rieletto deputato nella circoscrizione Campania 1.

È stato direttore del quotidiano «Il Popolo», organo ufficiale della Democrazia Cristiana prima e del Partito Popolare Italiano poi, da agosto a settembre del 1995 e dall'ottobre 1999 all'aprile 2000.[4]

La Margherita di Francesco Rutelli

Nel 2002 è uno dei principali rappresentanti della corrente contraria alla continuazione dell'attività politica all'interno de La Margherita di Francesco Rutelli, lista con cui il Partito Popolare si è presentato alle politiche del 2001. Secondo Bianco, se proprio era necessario arrivare alla costituzione formale di questo soggetto politico che riuniva esperienze politiche moderate ma diverse dalla tradizione democratica cristiana, non si sarebbe dovuto operare rinunciando alle proprie bandiere, ma mantenendo ben manifesta le proprie identità e tradizione, senza la sospensione formale del Partito Popolare Italiano. Così, in parlamento aderisce al gruppo della Margherita, ma come indipendente.

A novembre 2004 fonda, insieme ai parlamentari Alberto Monticone e Lino Duilio, il movimento Italia Popolare - Movimento per l'Europa, che, pur non essendo un partito, si propone di ridare una autonoma presenza organizzata ai cattolici democratici in Italia per non disperdere e mantenere viva l'anima ideologica che fu del PPI.

Alle elezioni politiche del 2006 è stato rieletto alla Camera dei deputati tra le liste dell'Ulivo (lista che univa La Margherita con i Democratici di Sinistra di Piero Fassino), ma come non aveva condiviso la scelta di creare la Margherita, ancor meno condivideva la scelta di far sciogliere la stessa, insieme ai Democratici di Sinistra per dar luogo al Partito Democratico. Dopo l'elezione rimase per qualche tempo come indipendente nel gruppo parlamentare dell'Ulivo, per poi comunicare alle camere (il 15 febbraio 2008) attraverso la lettura di una lettera che suscitò gli applausi dell'intero parlamento, di non aderire al PD e di passare al gruppo misto.[6]

Rosa per l'Italia e Presidente dell'Associazione degli ex parlamentari

Successivamente, con il suo movimento Italia Popolare, e insieme a Savino Pezzotta e Bruno Tabacci, diede vita al progetto centrista della Rosa per l'Italia, partito svincolato dai poli e di ispirazione cattolica. Tale partito, nato a ridosso delle imminenti elezioni politiche è costretto a sposare l'idea di una lista unica con l'UDC di Pier Ferdinando Casini. Bianco decise di non ricandidarsi per favorire un rinnovamento, inserendo giovani del suo movimento. Ma nelle liste dei candidati dell'Unione di centro, cartello elettorale di UDC e Rosa Bianca, prevalse la scelta dell'UDC di affidare la composizione delle liste in Campania a Ciriaco De Mita, il quale si posizionò come capolista al Senato e candidò alla Camera un altro De Mita (nipote di Ciriaco). Entrambi, in quella tornata elettorale, non furono eletti. Bianco polemizzando con i vertici dello scudo crociato, parla di «mediocre accordo che ripropone, in particolare nel Sud, logiche clientelari e di potere dispotico e familistico».[7]

Dopo quell'esperienza non aderisce a nessun partito pur rimanendo fermamente convinto della necessità di un partito centrista di ispirazione cattolica. Successivamente viene eletto presidente dell'Associazione Nazionale degli ex parlamentari che conta oltre 1500 parlamentari cessati dal mandato di ogni schieramento politico, carica che ha ricoperto fino alla sua dipartita.[8]

Ultimi anni e morte

Nel 2011 pubblica "La Balena Bianca. L'ultima battaglia 1990-1994" e nel 2012 "La parabola dell'Ulivo. 1994-2000".

Da sempre grande studioso, latinista, è stato condirettore della Enciclopedia oraziana presso l'Istituto della Enciclopedia Italiana.

Considerato grande meridionalista, è stato a lungo presidente dell'Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d'Italia, fondata nel 1910, andando a ricoprire un ruolo che nel corso degli anni hanno ricoperto personaggi illustri come Giustino Fortunato, Benedetto Croce, Umberto Zanotti Bianco e Manlio Rossi Doria.

Bianco si è spento nel sonno il 1° dicembre 2022, all'età di 91 anni, per un peggioramento improvviso delle sue condizioni di salute in seguito ad un recente intervento chirurgico[9]. Successivamente, all'esposizione della salma nella camera ardente di Montecitorio, furono celebrate le esequie funebri nella chiesa di San Gaetano in via Tuscia il 3 dicembre seguente alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella[10]; il feretro in seguito giunge a Guardia Lombardi per una benedizione presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie.[11]

Vita privata

Sposato e con tre figli (Mariella, Fazio e Andrea), era fratello maggiore di Lucio Bianco, professore universitario e presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) dal 1997 al 2003.[11]

Onorificenze

Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d'oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell'arte
— Roma, 15 dicembre 1992[12]

Note

  1. ^ Gerardo Bianco, morto lo storico esponente della Democrazia cristiana: aveva 91 anni, su ilmessaggero.it. URL consultato il 1º dicembre 2022.
  2. ^ Franco Mimmi, Galloni ha vinto, ma nella dc spira un'aria di malcontento, in La Stampa, 29 settembre 1978, p. 2.
  3. ^ a b Gerardo Bianco: "Moro, Fanfani, Mattarella. La mia lunga vita nella Dc", su ilGiornale.it, 7 febbraio 2022. URL consultato il 27 giugno 2022.
  4. ^ a b c Bianco, Gerardo, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 3 aprile 2015.
  5. ^ La Repubblica, 04.07.1995
  6. ^ La lettera, su enzodelvecchio.it.
  7. ^ Testo Archiviato il 2 dicembre 2013 in Internet Archive.
  8. ^ Camera dei deputati, su deputati.camera.it. URL consultato il 10 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 30 marzo 2013).
  9. ^ È morto Gerardo Bianco, storico esponente della Democrazia Cristiana: aveva 91 anni, su Il Post, 1º dicembre 2022. URL consultato il 6 dicembre 2022.
  10. ^ Mattarella alla camera ardente di Gerardo Bianco - Italia, 2 dicembre 2022. URL consultato il 6 dicembre 2022.
  11. ^ a b Lutto. L'ultimo saluto a Gerardo Bianco, il capo dei "peones" dc che guidò i Popolari, su www.avvenire.it, 3 dicembre 2022. URL consultato il 6 dicembre 2022.
  12. ^ - dettaglio del conferimento dell'onorificenza

Altri progetti

Collegamenti esterni

Predecessore Ministro della pubblica istruzione
della Repubblica Italiana
Successore Emblem of Italy.svg
Sergio Mattarella 27 luglio 1990 - 12 aprile 1991 Riccardo Misasi
Predecessore Capogruppo della Democrazia Cristiana
alla Camera dei deputati
Successore Logo della Camera dei deputati.svg
Giovanni Galloni 24 ottobre 1979 – 11 luglio 1983 Virginio Rognoni
Predecessore Direttore del Popolo Successore
Sergio Mattarella
(direttore politico)
agosto 1995 Francesco Saverio Garofani I
Francesco Saverio Garofani ottobre 1999 - aprile 2000 Francesco Saverio Garofani II
Controllo di autoritàVIAF (EN44426084 · ISNI (EN0000 0000 8377 8360 · SBN RAVV027120 · BAV 495/325021 · LCCN (ENno2010114466 · BNF (FRcb128129945 (data) · J9U (ENHE987007324774905171 · WorldCat Identities (ENlccn-no2010114466

Informazione

L'articolo Gerardo Bianco in Wikipedia italiana ha preso i seguenti posti nella classifica di popolarità locale:

Il contenuto presentato dell'articolo di Wikipedia è stato estratto 2022-12-13 sulla base di https://it.wikipedia.org/?curid=126420