Ciriaco De Mita | |
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Ciriaco De Mita nel 2010 | |
Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 13 aprile 1988 – 23 luglio 1989 |
Capo di Stato | Francesco Cossiga |
Vice presidente | Gianni De Michelis |
Predecessore | Giovanni Goria |
Successore | Giulio Andreotti |
Presidente della Democrazia Cristiana | |
Durata mandato | 16 marzo 1989 – 27 ottobre 1992 |
Predecessore | Arnaldo Forlani |
Successore | Rosa Russo Iervolino |
Segretario della Democrazia Cristiana | |
Durata mandato | 5 maggio 1982 – 22 febbraio 1989 |
Presidente | Flaminio Piccoli Arnaldo Forlani |
Predecessore | Flaminio Piccoli |
Successore | Arnaldo Forlani |
Ministro per gli Interventi straordinari nel Mezzogiorno | |
Durata mandato | 30 luglio 1976 – 21 marzo 1979 |
Capo del governo | Giulio Andreotti |
Predecessore | Giulio Andreotti |
Successore | Michele Di Giesi |
Ministro del commercio con l'estero | |
Durata mandato | 23 novembre 1974 – 30 luglio 1976 |
Capo del governo | Aldo Moro |
Predecessore | Gianmatteo Matteotti |
Successore | Rinaldo Ossola |
Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato | |
Durata mandato | 8 luglio 1973 – 23 novembre 1974 |
Capo del governo | Mariano Rumor |
Predecessore | Mauro Ferri |
Successore | Carlo Donat-Cattin |
Vicesegretario della Democrazia Cristiana | |
Durata mandato | 9 novembre 1969 – 17 giugno 1973 |
Vice di | Arnaldo Forlani |
Sottosegretario di Stato al Ministero dell'Interno | |
Durata mandato | 14 dicembre 1968 – 5 agosto 1969 |
Capo del governo | Mariano Rumor |
Predecessore | Angelo Salizzoni |
Successore | Ernesto Pucci |
Presidente della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali | |
Durata mandato | 8 settembre 1992 – 3 marzo 1993 |
Successore | Nilde Iotti |
Sindaco di Nusco | |
Durata mandato | 26 maggio 2014 – 26 maggio 2022 |
Predecessore | Giuseppe De Mita |
Successore | Walter Vigilante (vicesindaco f.f.) |
Deputato della Repubblica Italiana | |
Durata mandato | 16 maggio 1963 – 14 aprile 1994 |
Legislature | IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI |
Gruppo parlamentare |
DC (IV-XI), PPI (XI) |
Circoscrizione | Benevento, Liguria (X) |
Durata mandato | 9 maggio 1996 – 28 aprile 2008 |
Legislature | XIII, XIV, XV |
Gruppo parlamentare |
PPI (XIII), DL (XIV), L'Ulivo (XV), PD (XV) |
Coalizione | L'Ulivo (XIII, XIV), L'Unione (XV) |
Circoscrizione | Campania II (XV) |
Collegio | Mirabella Eclano (XIII, XIV) |
Sito istituzionale | |
Europarlamentare | |
Durata mandato | 16 maggio 1988 – 1º luglio 1994 |
Legislature | II |
Durata mandato | 20 luglio 1999 – 1º luglio 2004 |
Legislature | V |
Durata mandato | 14 luglio 2009 – 1º luglio 2014 |
Legislature | VII |
Gruppo parlamentare |
Partito Popolare Europeo |
Circoscrizione | Italia meridionale |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | DC (1953-1994) PPI (1994-2002) DL (2002-2007) PD (2007-2008) UdC (2008-2017) IP (2017-2022) |
Titolo di studio | Laurea in giurisprudenza |
Università | Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano |
Professione | Dirigente di partito |
Luigi Ciriaco De Mita (Nusco, 2 febbraio 1928 – Avellino, 26 maggio 2022) è stato un politico italiano, Presidente del Consiglio dei ministri dal 1988 al 1989, più volte ministro e sindaco di Nusco dal 2014 fino al giorno della scomparsa.
Raggiunse l'apice del potere politico negli anni ottanta[1], quando fu Presidente del Consiglio dei ministri in un governo formato dalla coalizione del Pentapartito (DC-PSI-PRI-PSDI-PLI) che cadde nel maggio del 1989, a causa di una crisi di governo cagionata dal leader socialista Bettino Craxi (suo principale alleato-rivale). È stato inoltre segretario nazionale dal 1982 al 1989 e poi presidente della Democrazia Cristiana dal 1989 al 1992, nonché quattro volte ministro. Deputato dal 1963 al 1994 e dal 1996 al 2008 ed europarlamentare dal 1999 al 2004 (è contemporaneamente deputato ed eurodeputato, analogamente a Franco Marini) e dal 2009 al 2014, dopo la DC ha fatto parte del Partito Popolare Italiano e della Margherita e dal 2008 al 2017 dell'Unione di Centro.
Ha inizialmente aderito al progetto del Partito Democratico. Non ricandidato alle elezioni politiche del 2008 per via dello statuto del PD, che puntava ad un rinnovo della classe politica, ha aderito all'Unione di Centro. Ultimo importante incarico ricoperto è stato quello di presidente della seconda Bicamerale per le riforme costituzionali tra il 1992 e il 1993.
Fu soprannominato criticamente il padrino della DC e l'uomo del doppio incarico (segretario della DC e Presidente del Consiglio). Tra i principali esponenti della cosiddetta Prima Repubblica, ha avuto indirettamente una forte influenza su tutta la vita politica degli anni successivi. Difatti a De Mita si deve la nomina di Romano Prodi come suo consigliere economico e poi presidente dell'IRI[2], dando inizio alla sua carriera politica; infine sempre a De Mita si deve l'impegno in politica di Sergio Mattarella nelle file della sinistra democristiana.
Ciriaco De Mita nasce il 2 febbraio 1928 a Nusco, in provincia di Avellino. Il padre svolgeva la professione di sarto e di postino, mentre la madre era una casalinga. Dopo aver frequentato il liceo classico nella vicina Sant'Angelo dei Lombardi con ottimi voti, vince una borsa di studio nel Collegio Augustinianum e si iscrive presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano dove si laurea in giurisprudenza per poi cominciare a lavorare come consulente presso l'ufficio legale Eni di Enrico Mattei. La moglie, Anna Maria Scarinzi, è stata segretaria di Fiorentino Sullo, politico afferente alla sinistra DC originario anch'egli dell'Irpinia.
Nell'autunno 1953 De Mita fu tra i primi aderenti alla corrente "Sinistra di Base", e nel 1956 venne eletto in quota alla stessa consigliere nazionale della Democrazia Cristiana al congresso di Trento. In quella sede si fece notare perché criticò Amintore Fanfani, Segretario Nazionale della Democrazia Cristiana tra il 1954 e il 1959 e contestò i criteri organizzativi del partito. Eletto deputato per la prima volta nel 1963 nella circoscrizione Benevento-Avellino-Salerno, nel 1966 alla Camera lanciò l'ipotesi di un accordo con i comunisti a proposito dell'attuazione dell'ordinamento regionale. Nel dicembre 1968 entrò a far parte del governo come sottosegretario all'interno nel Governo Rumor I, formato dalla coalizione del cosiddetto Centro-sinistra "organico" (Democrazia Cristiana, Partito Socialista italiano, Partito Repubblicano Italiano, Partito Socialista Democratico Italiano).
De Mita è stato, come detto, tra i primi afferenti della corrente di "sinistra" della DC, chiamata "Sinistra di base" o "la Base" - fondata a Milano con il sostegno finanziario di Enrico Mattei da Giovanni Marcora - sostituendosi a Fiorentino Sullo come capocorrente irpino nell'ambito della stessa negli anni in cui la DC irpina si andava affermando a livello nazionale[3]. Vicini a De Mita c'erano in quegli anni Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Gianni Raviele e il segretario della DC per la provincia di Avellino dell'epoca, l'amico e collaboratore Attilio Fierro, della vicina Montella.
Fu vicesegretario della DC durante la segreteria di Arnaldo Forlani a seguito del cosiddetto "Patto di San Ginesio" stipulato con quest'ultimo permanendo in tale carica per 4 anni, ma si dimise da quella carica nel febbraio del 1973, l'anno in cui vi fu l'accordo di palazzo Giustiniani tra Aldo Moro e Amintore Fanfani, che tra l'altro fu un fattore determinante anche della fine del Governo Andreotti II. Ricoprì poi diverse cariche ministeriali tra il 1973 e il 1982; ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato nel governo Rumor IV e nel governo Rumor V (1973-1974), ministro del Commercio con l'Estero nel governo Moro IV e nel governo Moro V (1974-1976), ministro per il Mezzogiorno nel governo Andreotti III e nel governo Andreotti IV negli anni del "compromesso storico" (1976-1979).
Nel 1982 De Mita indicò al governo Spadolini I (il primo governo formato dalla coalizione del Pentapartito che governerá l'Italia fino agli anni '90) l'economista Romano Prodi, già suo consigliere economico e ministro dell'Industria, del Commercio e dell'Artigianato nel governo Andreotti IV come presidente dell'Istituto per la Ricostruzione Industriale, dove rimase fino al 1989, sostituito da Franco Nobili (ritornò poi 4 anni dopo, nel 1993).
A seguito della fine del mandato del Doroteo Flaminio Piccoli, De Mita venne eletto segretario nazionale della DC con la concertazione degli Andreottiani, dei Basisti e della corrente "Nuove Cronache" di Fanfani nel maggio 1982, in contrapposizione al ex Fanfaniano Arnaldo Forlani, che si alleó con i Dorotei di Antonio Gava formando la corrente Grande Centro. Il suo partito subì un grave calo nelle elezioni politiche del 1983; nonostante ciò De Mita restò in carica per sette anni, ripetutamente confermato fino al congresso del 1989; la sua segreteria politica fu la più lunga della storia della DC, superando anche quella di Alcide De Gasperi.
È in questo periodo che Gianni Agnelli, il quale apprezzava il temperamento del leader Irpino, in una puntata di Mixer asserì che De Mita fosse un tipico intellettuale della Magna Grecia. A questa asserzione gli replicò Indro Montanelli, chiosando: "Dicono che De Mita sia un intellettuale della Magna Grecia. Io però non capisco cosa c'entri la Grecia".[4]
Nel 1985 nella classifica degli uomini più potenti d'Italia, compilata come ogni anno dal settimanale Il Mondo, De Mita risultò al terzo posto dopo Gianni Agnelli e Bettino Craxi.[1]
De Mita fu visto come un rivale di Bettino Craxi[5], segretario socialista che negli anni ottanta occupò la carica di Presidente del Consiglio per quattro anni (dal 4 agosto 1983 al 17 aprile 1987). Craxi nel 1987 entrò in rotta di collisione con l'allora partito di maggioranza relativa, rompendo il cosiddetto "patto della staffetta", in base al quale il PSI avrebbe dovuto cedere alla DC la guida del governo nell'ultimo anno di legislatura; questo determinò l'epilogo del Governo Craxi II e, dopo un incarico infruttuoso ad Amintore Fanfani, furono convocate le elezioni politiche del 1987, in cui sia la DC sia il PSI guadagnarono voti.
In questi anni De Mita spinse Sergio Mattarella a intensificare il suo impegno politico con l'incarico di ripulire le liste siciliane della DC dagli uomini di Ciancimino. Nel 1984 De Mita azzerò i vertici palermitani della DC nominando Mattarella commissario straordinario.
Dopo la caduta del governo Craxi II, di cui De Mita fu in parte responsabile, e un breve incarico a Giovanni Goria, nell'aprile del 1988 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga affidò l'incarico di formare un nuovo governo a De Mita,[6] che si trova alla guida di un pentapartito composto dai democristiani, dai socialisti, dai repubblicani, dai socialdemocratici e dai liberali.
La nomina di De Mita a Presidente del Consiglio, la prima di un segretario della DC in carica dai tempi di Amintore Fanfani, fu però funestata tre giorni dopo dall'assassinio di Roberto Ruffilli da parte delle Brigate Rosse, senatore della Democrazia Cristiana e consulente di De Mita per le riforme istituzionali. Ruffilli aveva contribuito a varare proprio il governo che stava allora entrando in carica. Nel volantino di rivendicazione le Brigate Rosse definirono Ruffilli "l'uomo chiave del rinnovamento, vero e proprio cervello politico del progetto demitiano".[7].
I detrattori di De Mita parleranno del suo entourage come del "clan degli avellinesi"[8], con riferimento alle varie personalità di spicco originarie della provincia di Avellino che ricoprirono incarichi di rilevanza politica e amministrativa, come Antonio Maccanico, Biagio Agnes, Nicola Mancino e Gerardo Bianco[9][10].
Il 22 febbraio 1989 Arnaldo Forlani venne nominato nuovo segretario della DC, ponendo fine al "doppio incarico" di De Mita. Un mese dopo il "Consiglio Nazionale della Democrazia cristiana" riunito a Roma nominò De Mita presidente della DC.
Nel maggio De Mita rassegnò le dimissioni dal suo primo governo. Riottenne l'incarico l'11 giugno, dopo il fallimento del mandato esplorativo affidato a Spadolini. Il 6 luglio 1989 De Mita rinunciò all'incarico di formare un nuovo governo, incarico che Cossiga conferì poi a Giulio Andreotti. Il Governo De Mita rimase in carica fino al 23 luglio 1989.
Nel 1989 De Mita fu sostituito alla segreteria della DC da Forlani, assumendo la presidenza del partito negli anni dominati dalla stretta alleanza tra Bettino Craxi, Giulio Andreotti (Presidente del Consiglio) e Arnaldo Forlani, battezzata dagli organi di stampa CAF, dalle iniziali dei tre politici. Nel luglio 1990 i ministri del VI Governo Andreotti afferenti alla Sinistra di Base (Calogero Mannino, Sergio Mattarella, Mino Martinazzoli e Carlo Fracanzani) si dimisero dall'esecutivo a seguito dell'approvazione della legge Mammì, da loro ritenuta troppo favorevole alla Fininvest di Silvio Berlusconi.
De Mita fu presidente della Democrazia Cristiana fino al 27 ottobre del 1992.
Il 9 settembre 1992 fu nominato presidente della Commissione bicamerale per le riforme istituzionali[11], per poi dimettersi nel marzo del 1993, sostituito da Nilde Iotti. Assistette alla fine della Prima Repubblica e alla nascita, guidata da Mino Martinazzoli (segretario della Democrazia Cristiana dal 1992 al 1994) del Partito Popolare Italiano, che faceva riferimento all'ideologia del Cristianesimo Sociale e alla matrice sturziana. De Mita aderì al nuovo partito.
Fu inserito tra i testimoni richiesti dalla difesa di Giulio Andreotti che vide quest'ultimo assolto con formula piena definitivamente dalla Corte di Cassazione nel 2004 per i fatti successivi al 1980, mentre per quelli precedenti fu dichiarato il non luogo a procedere.
De Mita in seguito si schierò con i Popolari di Gerardo Bianco, corrente di sinistra del partito, contro Rocco Buttiglione che, difformemente alle decisioni congressuali, aveva deciso di allearsi con Forza Italia, partito di centro-destra.
Nel 1996 sostenne la nascita della coalizione di centro-sinistra, L'Ulivo.
Nel 2002 contribuì all'ingresso del Partito Popolare nella Margherita e alla nascita del nuovo partito centrista. Ribadì in più occasioni la propria contrarietà al progetto di "Uniti nell'Ulivo" (lista unitaria con DS, SDI e MRE), tanto da convincere, con Franco Marini, il partito a presentarsi nella coalizione di centro-sinistra L'Unione alle elezioni politiche del 2006 con la propria lista al Senato e non con la lista unitaria.
Al secondo Congresso della Margherita, De Mita comunicò nella sua lunga relazione la sua adesione al nuovo Partito Democratico, raccogliendo moltissimi applausi dalla platea diellina. Durante l'assemblea costituente del PD è stato nominato membro della commissione statuto del nuovo partito. Questa decisione ha suscitato qualche contestazione da parte della platea.[12] In quanto ex Presidente del Consiglio iscritto al partito, è stato nominato componente di diritto del coordinamento nazionale del Partito Democratico.
Il 20 febbraio 2008 annuncia il suo ritiro dal PD, in polemica con lo statuto del partito che prevede un tetto massimo di tre legislature complete, in base al quale sarebbe stato escluso dalle candidature alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008.[13] Il giorno prima Tino Iannuzzi, segretario regionale campano del PD, aveva sostenuto la candidatura di De Mita nelle liste presentate dalla formazione politica democratica in Campania.[14] Ha quindi fondato i "Popolari per la Costituente di Centro" che ha fatto fondere al nucleo campano dell'UDEUR di Clemente Mastella per dar vita al Coordinamento Popolari - Margherita per la Costituente di Centro, movimento con cui è entrato nella Costituente di Centro di Pier Ferdinando Casini.
Si candidò al Senato come capolista in Campania per l'Unione di Centro alle elezioni politiche del 2008, ma non risultò eletto. In totale è stato deputato ininterrottamente dalla IV alla XI legislatura, e dalla XIII alla XV. È stato commissario regionale dell'UdC in Campania assieme a Gianpiero Zinzi.[15]
Alle elezioni europee del 2009 è stato eletto al Parlamento europeo nell'UdC con 56.575 preferenze nella circoscrizione Italia meridionale.[16] Secondo VoteWatch a fine marzo 2011, a circa due anni dalle elezioni europee, Luigi Ciriaco De Mita con il 67,37% di presenze in seduta plenaria risultava al 708º posto su 733 nella classifica complessiva delle presenze di tutti gli europarlamentari.[17]
De Mita ha continuato a esercitare una certa influenza sulla politica locale della Campania, e di riflesso sulla politica nazionale, grazie alla sua capacità di attrarre voti.[18]
In un'intervista del 2008 Vincenzo De Luca, allora ex deputato de L'Ulivo e sindaco di Salerno in carica, dichiarò:
«In Campania da 40 anni siamo alle prese con un problema politico che si riassume in un nome ed un cognome: Ciriaco De Mita[19]» |
Nel 2014 De Mita, a 86 anni, ha partecipato alle amministrative candidandosi a sindaco di Nusco: è stato eletto sindaco nella lista dell'Unione di Centro con 2 156 voti (77,35%) battendo Rosanna Secchiano, presentatasi con la Lista Civica Nusco Futura che ha ottenuto 631 voti, e succedendo al nipote Giuseppe De Mita. I votanti sono stati 2 903 su un totale di 5 917 elettori.
In occasione delle elezioni regionali in Campania del 2015 ha deciso di appoggiare Vincenzo De Luca, candidato del Partito Democratico, rompendo così la sua precedente alleanza con il presidente uscente Stefano Caldoro.[20]
Ha sostenuto il «no» al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, arrivando a sfidare in un dibattito televisivo su La7 condotto da Enrico Mentana il Presidente del Consiglio e segretario del Partito Democratico Matteo Renzi.
Contrario al riavvicinamento del partito al centrodestra, il 5 novembre 2017 ha abbandonato l'UdC e ha fondato il movimento L'Italia è Popolare, parte della lista Civica Popolare, alleata del PD in vista delle elezioni politiche del 2018.[21]
Ricandidatosi alla guida del comune di Nusco, De Mita è stato rieletto sindaco della cittadina il 26 maggio 2019 con il 60% dei voti contro il candidato del PD, l'avvocato Francesco Biancaniello.[22]
In vista delle elezioni regionali in Campania del 2020 insieme al nipote ha presentato la lista "Fare Democratico - Popolari", a sostegno del presidente in carica Vincenzo De Luca. Nell'agosto 2021, a pochi mesi dalle imminenti elezioni comunali a Napoli, De Mita lascia Fare Democratico[23].
È morto il 26 maggio 2022, all'età di 94 anni, nella casa di cura Villa dei Pini di Avellino, dove era ricoverato dal 5 aprile a causa di una rottura del femore.[24][25]
Le esequie si sono tenute il giorno successivo nella Concattedrale di Nusco prima della sepoltura nel cimitero cittadino e hanno visto la partecipazione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del Ministro degli esteri Luigi Di Maio, del Presidente della Campania Vincenzo De Luca oltre che di svariati esponenti politici provenienti dalla Democrazia Cristiana (ovvero il nipote Giuseppe De Mita, Angelino Alfano, Clemente Mastella, Marco Follini, Gianfranco Rotondi, Gerardo Bianco, Nicola Mancino, Pier Ferdinando Casini, Ortensio Zecchino e Giuseppe Gargani).[26]
La ricostruzione dell'Irpinia dopo il tragico terremoto del 1980 fu caratterizzata da un'eccezionale mobilitazione, anche finanziaria (60 000 miliardi di lire). La destinazione dei fondi stanziati per la ricostruzione è stata oggetto di innumerevoli inchieste; essendo l'Irpinia la terra di origine di De Mita, in cui egli ha sempre goduto di grande influenza, il nome del politico democristiano ricorse spesso in queste inchieste.
Nel 1987 i giornali rivelarono che la “Banca popolare dell'Irpinia” aveva visto aumentare considerevolmente di valore le sue azioni grazie al flusso di fondi per la ricostruzione. Tra i soci che beneficiavano della situazione c'era la famiglia di De Mita, con Ciriaco proprietario di un cospicuo pacchetto di azioni, altri titoli erano posseduti anche da parenti. Il 3 dicembre 1988 il quotidiano del Partito Comunista Italiano, l'Unità, allora diretto da Massimo D'Alema, pubblicò un articolo in prima pagina dal titolo: «De Mita si è arricchito con il terremoto». De Mita rispose con una querela che però non ebbe seguito poiché venne accettata la spiegazione di D'Alema che sostenne la mancanza del punto di domanda finale alla frase, dovuto a un errore tipografico[27]. Nel 2008 De Mita dichiarò che Massimo D'Alema si era scusato con lui ammettendo che i suoi sospetti erano sbagliati.[28]
Sulle presunte speculazioni di De Mita sul terremoto nel 1989 Goffredo Locatelli pubblicò un libro, Irpiniagate. Ciriaco De Mita da Nusco a palazzo Chigi[29].
Nel 1993 vicende giudiziarie legate allo scandalo dei finanziamenti della ricostruzione post-sismica in Irpinia coinvolsero il fratello Michele, provocando le dimissioni di De Mita dalla presidenza della Commissione bicamerale per le riforme elettorali. Michele De Mita venne in seguito prosciolto con formula piena con sentenza passata in giudicato[30].
Quando si aprì l'inchiesta Tangentopoli, De Mita fu accusato dei finanziamenti illeciti confessati da Severino Citaristi, il tesoriere del partito. Grazie all'amnistia del 1990, avendo lasciato la segreteria DC nel 1989, non dovette subire le conseguenze penali del processo e fu tra i pochi politici italiani di spicco a uscire senza condanne dall'inchiesta. A essere condannati per la maxitangente Enimont[31] furono Forlani e Citaristi per il periodo non più coperto dall'amnistia.
Da più voci è stato accusato di aver applicato con disinvoltura la pratica delle raccomandazioni e del clientelismo[32][33][34] politico, favorendo l'ingresso in aziende pubbliche di amici e clienti.
Su stessa ammissione di Clemente Mastella, la sua assunzione alla Rai fu agevolata da una raccomandazione di De Mita. La redazione locale ove Mastella prese servizio proclamò tre giorni di sciopero contro l'ingresso in ruolo di un giornalista assunto senza regolare concorso e per nomina politica diretta[35][36].
Sempre su segnalazione di De Mita entrò in Rai nel 1983 Francesco Pionati[29], parlamentare tra il 2006 e il 2013. Nel maggio 2011 Antonia De Mita, figlia di Ciriaco, racconta sulla sua pagina facebook a proposito del deputato Francesco Pionati:
«Entrò in Rai con una pedata nel sedere atomica di mio padre, dal quale era sempre in coda a chiedere favori[37]» |
Sempre su segnalazione di De Mita entrò in Rai anche Gigi Marzullo[29]. Quando nel 1988 Pippo Baudo restò fuori dalla tv, dopo la rescissione consensuale del suo contratto con la Fininvest, fu De Mita, legato al conduttore da amicizia, ad assicurargli il ritorno in Rai nonostante la contrarietà dell'allora direttore Biagio Agnes[38]. Come lo stesso De Mita ha dichiarato, fu lui a chiedere a Biagio Agnes che Beppe Grillo rimanesse in Rai dopo il pezzo che il comico genovese aveva portato al Festival di Sanremo contro i vertici del Partito Socialista Italiano[39].
Di nepotismo fu accusato dopo la nomina del nipote Giuseppe De Mita a Vicepresidente della Giunta regionale della Campania[40]. Il nipote Giuseppe si è poi candidato alle elezioni politiche italiane del 2013 con la lista UDC, venendo eletto alla Camera[41][42].
De Mita è stato accusato di corruzione in un filone laterale dello scandalo Parmalat: De Mita, insieme con Calisto Tanzi, al Presidente della Liguria Claudio Burlando, e all'ex presidente delle Ferrovie dello Stato Lorenzo Necci, è accusato per un presunto giro di tangenti pagate a politici dal gruppo di Collecchio per un progetto finalizzato alla costituzione di una joint venture fra la "Cit Viaggi" delle FS e la "Parmatour". L'ipotesi degli investigatori è che si sia tentato di scaricare sul partner pubblico i debiti del gruppo turistico della Parmalat. De Mita, che si proclama innocente, è stato chiamato in causa da Calisto Tanzi, a cui lo lega una stretta amicizia[43][44].
Alla fine degli anni novanta De Mita venne rinviato a giudizio dal Tribunale dei ministri con l'accusa di avere utilizzato fondi neri del Sisde per ristrutturare l'appartamento in cui viveva in un palazzo settecentesco in via in Arcione a Roma, con vista sul giardino del Quirinale, ottenuto a equo canone dall'INPDAI quando era ancora segretario della Democrazia Cristiana e Presidente del Consiglio.
Nel luglio 2010 nacque una polemica relativa all'acquisto da parte di Ciriaco De Mita, insieme con la moglie e i figli Giuseppe e Antonia, dell'appartamento in via in Arcione a un prezzo molto inferiore a quello di mercato. De Mita acquistò il superattico su due piani di circa 550 metri quadrati più 200 metri quadrati di terrazzo per 3.415.700 euro dall'Inps, proprietaria dell'immobile in cui De Mita viveva in affitto dagli anni '80. Il Giornale stimò che in quella zona il prezzo al metro quadro delle abitazioni fosse di circa 15.000 euro, per cui l'ex Presidente del Consiglio avrebbe pagato l'appartamento un terzo del suo reale valore[45][46][47][48][49].
Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana | |
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica» — 1º febbraio 2018[50] |
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