Caso Fritzl

La casa dei Fritzl

Il caso Fritzl si riferisce al sequestro di Elisabeth Fritzl, una donna austriaca che ha vissuto imprigionata per 24 anni – dall'età di 18 anni a quella di 42 – in un bunker sotterraneo costruito dal padre, l'ingegnere Josef Fritzl, nella cantina di casa nella cittadina austriaca di Amstetten. Durante tutto il periodo della prigionia, dal 1984 al 2008, si sono susseguiti vari abusi sessuali da parte dell'uomo nei confronti della figlia e da questi rapporti incestuosi sono nati sette figli.[1]

Storia

Josef Fritzl

Amstetten in Austria

Nato ad Amstetten il 9 aprile 1935, figlio unico di Maria e Josef Sr., Fritzl viene cresciuto dalla sola madre. Suo padre, che nel frattempo aveva abbandonato la famiglia quando il figlio aveva quattro anni, in seguito combatterà come soldato della Wehrmacht durante la seconda guerra mondiale, rimanendo ucciso in azione, nel 1944. Durante l'infanzia subisce continuamente maltrattamenti e umiliazioni da parte della madre. L'unica manifestazione d'affetto da parte di lei era l'andare insieme in chiesa la domenica. Questi eventi gli causarono dei disturbi della personalità e, si vedrà poi nel processo a suo carico, anche l'incapacità di comprendere appieno la gravità e le conseguenze dei suoi crimini.

Dopo aver completato i suoi studi in ingegneria elettrica, Fritzl, ottiene un lavoro a Linz e, nel 1956, all'età di 21 anni, sposa la diciassettenne Rosemarie, che lo renderà padre di due figli e cinque figlie. Amici e parenti della coppia dichiararono che il rapporto tra i due era pessimo, con frequenti aggressioni fisiche e verbali di Fritzl nei confronti della moglie e dei figli, sei dei quali (eccetto Elisabeth) non appena maggiorenni ruppero ogni rapporto con il genitore.

La sua prima condanna risale al 1967 quando viene arrestato e sconta diciotto mesi di carcere per stupro nei confronti di una donna di 24 anni residente nella città di Linz. In quel caso Fritzl aveva fatto irruzione nella casa della donna e, approfittando dell'assenza del marito che era via per lavoro, l'aveva sottoposta a violenza sessuale, minacciandola con un coltello alla gola. Dopo il suo rilascio Fritzl trova lavoro in una ditta di materiale da costruzione per poi diventare venditore di attrezzature tecniche, impiego che lo porta a viaggiare in tutta l'Austria.

Nel 1995, compiuti i 60 anni d'età, si ritira dal servizio.

Il finto rapimento

Il 24 agosto 1984 i coniugi Rosemarie e Josef Fritzl denunciarono la fuga della figlia diciottenne Elisabeth che, al seguito di una setta religiosa, si sarebbe allontanata da Amstetten, cittadina della Bassa Austria. Si sarebbe trattato quindi di un allontanamento volontario, il secondo della ragazza che già due anni prima aveva tentato la fuga da casa prima di essere riconsegnata alla famiglia dalla polizia.

«Nel 1982 avevo sedici anni ed ero fuggita da casa. Lui mi stuprava da molto tempo. Dall'autogrill di Strengberg mi ero nascosta a Vienna. Dopo due settimane la polizia mi trovò. Supplicai gli agenti di non riconsegnarmi a mio padre. Dissi loro che se fossi tornata da lui per me sarebbe stata la fine. Ma non ci fu nulla da fare.»

(Elisabeth Fritzl[2])

Quel giorno del 1984 però, come si scoprirà in seguito, Elisabeth non si era affatto allontanata di nuovo da casa ma, contro la sua volontà, era stata rinchiusa nella cantina di casa dal padre Josef. La ragazza racconterà poi di aver cercato di fuggire di casa poco prima del rapimento e di aver chiesto aiuto ai poliziotti raccontando loro dei primi abusi subiti da parte del genitore. Non essendo però creduta, le sue affermazioni caddero nel vuoto e fu quindi riaffidata alla famiglia. E proprio a seguito di quest'ultimo episodio, il padre decise definitivamente di segregarla tenendola nascosta al mondo intero per ben 24 anni.[3]

Nei primi sei mesi della sua prigionia, Elisabeth rimane sempre legata a un letto, drogata e costretta a scrivere una lettera (che il padre consegnerà poi alla polizia) in cui racconta ai genitori di essere scappata all'estero, chiedendo loro di non essere cercata. Elisabeth descrive così i primi mesi in catene nel bunker: «Luci spente, stupro, luci accese, muffa, umidità e lui che va via».[4]

Nel corso dei successivi 24 anni, Josef Fritzl visita la cantina mediamente ogni tre giorni per portare cibo e altri rifornimenti alla figlia e, soprattutto, per abusare sessualmente di lei. A causa di queste violenze, Elisabeth darà alla luce sette figli, senza alcuna assistenza.

Uno di questi (Michael) morirà tre giorni dopo la nascita, mentre altri tre neonati (Lisa a nove mesi nel 1993, Monika a dieci mesi nel 1994, e Alexander a 15 mesi nel 1997) verranno invece poi tolti dalla cantina e portati dal padre/nonno a vivere con lui e con sua moglie, spacciati per figli adottivi e fingendo di averli trovati sulla porta di casa insieme a dei (falsi) biglietti scritti della figlia che ne chiedeva la presa in carico da parte dei propri genitori. Il tutto avviene con la piena consapevolezza delle autorità locali e dei servizi sociali che, per molto tempo, fino alla scoperta della verità, crederanno alla tesi di Fritzl. I restanti tre figli (Kerstin, Stefan e Felix) invece rimarranno sempre nel bunker insieme a Elisabeth, senza mai avere la possibilità di vedere l'esterno e la luce del sole, sin dal giorno della nascita.

Quando Fritzl si recava in cantina lo faceva sin dalla mattina, apparentemente per progettare piani per macchine che vendeva alle imprese, spesso rimanendovi per tutta la notte e impedendo alla moglie anche solo di portargli il caffè. Un inquilino, affittuario di una camera al piano terra della casa che ha vissuto per 12 anni nello stesso stabile dei Fritzl, rivelò in seguito di aver sentito rumori provenire dal piano interrato e di averne poi chiesto spiegazione allo stesso Fritzl che, minimizzando la cosa, avrebbe attribuito il tutto al sistema di riscaldamento a gas. Il bunker era sprovvisto di riscaldamento e di isolamento termico, per cui in inverno faceva freddo mentre in estate il caldo diventava soffocante.

Quando un giorno Kerstin, la figlia maggiore, si ammalò gravemente, Josef Fritzl dovette cedere alle richieste di portare la ragazza (allora diciannovenne) in un ospedale, si innescarono una serie di eventi che alla fine portarono alla scoperta della macabra storia.[5]

L'omicidio del neonato

Nel 1996 uno dei figli nati dal rapporto incestuoso, di nome Michael, morì solo tre giorni dopo la nascita a causa di problemi respiratori, essendo privato di qualsiasi assistenza medica. Elisabeth afferma che Fritzl era presente quando il volto del bambino iniziò a diventare viola per problemi di respirazione e che lo stesso si rifiutò di portarlo dal medico, replicando con un secco "succederà quel che deve succedere".

In seguito Fritzl fece scomparire il corpo del neonato, bruciando il cadavere nell'inceneritore di casa e gettando le ceneri in giardino, all'interno della sua proprietà. Al processo, in un primo momento, Fritzl cercò di difendersi da quell'accusa di omicidio, che sarebbe potuto costargli l'ergastolo, affermando che il bambino non era morto mentre lui era presente. Solo dopo ritrattò tutto, confessando le proprie responsabilità nell'omicidio.

La scoperta

Il 19 aprile 2008 Kerstin (di 19 anni), la figlia maggiore nata dall'incesto, venne trasportata in gravi condizioni dal padre/nonno Josef nel vicino ospedale, afflitta da sintomi causati da una malattia di cui non fu rivelata la natura. I medici del pronto soccorso, ancora ignari della drammatica situazione in cui è vissuta la ragazza, decisero di fare un appello affinché la madre si mettesse in contatto con loro e raggiungesse la figlia in ospedale. Kerstin, che si trovava in condizioni molto gravi, passò diversi giorni in coma farmacologico.

Le forze dell'ordine avvisate dai sanitari obbligarono Fritzl ad aprire il bunker e liberare la figlia Elisabeth e gli altri due figli ancora rinchiusi. La polizia locale decise di riaprire il fascicolo sulla fuga di Elisabeth.

Le indagini

Il 27 aprile, nel corso dell'interrogatorio a cui è sottoposta, rassicurata riguardo a una sua futura protezione nei confronti del padre, la donna rivela la storia dei suoi 24 anni in prigionia, accusando il genitore di tutte le nefandezze subite in quel periodo di tempo. Conseguentemente la confessione di Elisabeth, quindi, poco dopo la mezzanotte di quello stesso giorno, gli agenti di polizia arrestano Josef Fritzl accusandolo di gravi crimini contro i membri facenti parte della sua famiglia: sequestro di persona, stupro, omicidio colposo per negligenza e incesto.

Subito dopo l'arresto l'uomo si chiude in un mutismo totale. Solo il giorno successivo, il 28 aprile, Fritzl confessa ammettendo le proprie responsabilità in relazione ai principali capi d'accusa a suo carico e rivelando l'esistenza di uno scantinato suddiviso in diverse camere tutte prive di finestre, col soffitto alto 1,70 metri e accessibile attraverso una porta blindata nascosta in una parete del suo laboratorio, che poteva essere aperta solo con un meccanismo elettrico del quale solo Fritzl conosceva il codice di azionamento. Vi erano poi altre sette porte da superare per arrivare al bunker, l'ultima era di nuovo elettrica e alta solo 83 cm.[6]

Quello che ancora non è completamente chiaro, invece, è il ruolo di Rosemarie, madre di Elisabeth e moglie di Josef Fritzl: il suo silenzio nei 24 anni del sequestro resta uno dei punti oscuri di questa vicenda. La donna ha sempre dichiarato di non essersi mai resa conto (fino a una settimana prima dell'arresto) dell'esistenza di un bunker, né tanto meno della presenza al suo interno di sua figlia e dei suoi sette nipoti. In seguito, Rosemarie dichiarò di aver sempre creduto alla versione del marito quando sostenne che Elisabeth era fuggita di casa per aggregarsi ad una setta religiosa.

Fritzl affermò che non vedeva Elisabeth come una figlia, ma come una compagna. Tuttavia egli stesso ha confessato di averla legata a un palo per 9 mesi e di averla ammanettata più volte durante le molestie, obbligandola a guardare film pornografici e costringendola poi a ripeterne le scene. In una testimonianza videoregistrata della durata di alcune ore, trasmessa durante il processo, Elisabeth dichiarò di subire violenze sessuali da parte del genitore sin dall'età di dodici anni, sconfessando così la difesa del padre che aveva precedentemente dichiarato come le molestie nei suoi confronti sarebbero iniziate per la prima volta nel 1985, quando sua figlia era ormai diciannovenne. Amici ed ex compagni di scuola della ragazza dichiararono che Elisabeth aveva più volte confidato loro che il padre la picchiava, mostrando anche i lividi delle percosse subite, senza però mai fare cenno a violenze sessuali.

Durante il suo interrogatorio, Fritzl dichiarò di provare affetto nei confronti dei figli nati dall'incesto e di come, poco dopo la nascita di Kerstin, avesse portato in regalo un libro di puericultura ad Elisabeth. Disse anche di aver cercato di rendere la vita dei figli il più felice possibile, tenendo conto delle condizioni imposte dalla cantina, rifornendo il congelatore di cibo sufficiente e curando il sistema di aerazione. Queste affermazioni furono però sconfessate al processo dalla figlia che ricordò come, in occasione di un viaggio all'estero del padre durato venti giorni, lei e i suoi bambini fossero sul punto di morire per inedia[2].

Secondo gli psichiatri, Fritzl avrebbe dimostrato verso i famigliari "un amore infinito e un odio spietato"[2].

Il processo

Il 13 novembre 2008 Josef Fritzl, 73 anni, viene incriminato per riduzione in schiavitù, sequestro di persona, stupro, coercizione, incesto e per l'omicidio colposo del neonato Michael. La perizia psichiatrica attesterà la capacità di intendere dell'uomo, pur riscontrando gravi disturbi di personalità.

Il 16 marzo 2009 si apre, a Sankt Pölten, il processo a suo carico presieduto dal giudice Andrea Humer. Fritzl si dichiara colpevole di tutte le accuse ascritte con l'eccezione dell'omicidio e dell'aggressione con la minaccia di uccidere con il gas i suoi prigionieri, se loro avessero disobbedito.

Il 19 marzo 2009 Josef Fritzl viene condannato al carcere a vita, senza possibilità di libertà condizionale per i seguenti 15 anni. L'uomo ha accettato la sentenza senza ricorrere in appello e sta attualmente scontando la sua pena a Stift Garsten, un ex-monastero dell'Alta Austria trasformato in prigione, in una sezione speciale del carcere per malati psichiatrici.[7]

I sette figli di Josef ed Elisabeth Fritzl

  • Kerstin: nata nel 1989 e vissuta sempre nel bunker.
  • Stefan: nato nel 1990 e vissuto sempre nel bunker.
  • Lisa: nata nel 1992 nel bunker e poi adottata e cresciuta nella casa del padre/nonno.
  • Monika: nata nel 1994 nel bunker e poi adottata e cresciuta nella casa del padre/nonno.
  • Alexander: nato nel 1996 nel bunker e poi adottato e cresciuto nella casa del padre/nonno.
  • Michael: nato e morto nel 1996 nel bunker.
  • Felix: nato nel 2002 e vissuto sempre nel bunker.

I figli nati e vissuti nel bunker non erano mai stati visitati da un medico, né da un dentista, tanto che Kerstin aveva perso quasi tutti i denti. La ragazza, quando è stata ricoverata in ospedale, soffriva di un deficit funzionale multiorgano. Tutti e tre, inoltre, avevano sviluppato problemi al sistema immunitario, soffrivano di anemia e di mancanza di vitamina D. I tre fratelli non avevano mai visto la luce del sole e questo aveva provocato loro qualche problema alla vista; inoltre, Stefan aveva sviluppato una postura ricurva a causa dei soffitti alti circa 1,70 metri. Negli anni di prigionia, la madre ha insegnato ai figli a scrivere qualche parola, ma nel bunker non c'erano libri, solo una televisione ed una radio.[8][9]

Appena dopo la liberazione di Elisabeth e dei suoi figli, uscì dai quotidiani una indiscrezione secondo cui Josef Fritzl abusò anche della figlia/nipote primogenita Kerstin sin da quando aveva 12 anni, ma la notizia non venne né smentita né confermata.

Dopo la liberazione

Elisabeth ed i tre figli vissuti con lei nel bunker hanno passato diversi mesi in una clinica psichiatrica ad Amstetten per poi essere riuniti agli altri tre figli naturali di Elisabeth e tutti, con una nuova identità, sono andati a vivere in una villetta nell'Alta Austria offerta dallo stato austriaco insieme a una pensione. Nel 2009 un paparazzo fotografò Elisabeth e sua figlia Lisa mentre facevano una passeggiata. Le foto furono pubblicate oscurando il viso delle due donne, ma la cosa traumatizzò Elisabeth che ebbe una crisi nervosa (anche in seguito all'irruzione in casa di alcuni fotografi) e per breve tempo tornò nuovamente nella clinica psichiatrica che la aveva aiutata in precedenza a reinserirsi nella quotidianità di una vita normale.[10][11]

Dopo la liberazione Kerstin e Stefan hanno potuto studiare grazie ad insegnanti privati e il secondogenito ha espresso la volontà di diventare capitano di una nave. Felix, nonostante iniziali problemi di apprendimento, ha potuto cominciare la scuola elementare con la sua nuova identità e ha dimenticato gran parte della sua vita nel bunker. Le ultime notizie sulla famiglia risalgono al 2013: Elisabeth si è sempre rifiutata di scrivere un libro sulla sua vita e anche se la madre Rosemarie vede assiduamente i nipoti, ha completamente chiuso i rapporti personali con lei.[12]

Influenza culturale

Se da una parte lo stesso Fritzl ha tentato di trarre profitto dalla storia della sua relazione incestuosa con la figlia prendendo, attraverso un intermediatore, contatti con alcune riviste scandalistiche britanniche per vendere al miglior offerente i verbali degli interrogatori e i resoconti dell'inchiesta per una cifra attorno ai quattro milioni di euro, d'altro canto, il grande risalto mediatico del suo caso, nel corso degli anni, è stato spesso citato in opere letterarie e nei testi di canzoni da parte di band che hanno rivolto lo sguardo alla vicenda giudiziaria e al profilo criminale dell'imputato, traendone diretta ispirazione.[13]

  • Il testo della canzone Wiener Blut (sangue viennese) inclusa nell'album Liebe ist für alle da del gruppo Alternative Metal tedesco Rammstein, è liberamente ispirato alla vicenda di Josef Fritzl che, dopo il caso di Armin Meiwes, descritto in Mein Teil, è il secondo famoso criminale ad apparire in un loro pezzo.
  • I Benighted, band d'ispirazione deathgrind ha composto il brano intitolato semplicemente Fritzl, dichiarando poi di aver tratto ispirazione dal suo profilo criminale e dalla sua perversione.
  • La canzone Trapped in the Basement, contenuta nell'album 200 Million Thousand (2009) della band statunitense Black Lips è dedicata alla vicenda.[14]
  • Nel 2009 la Back2back Productions ha realizzato il documentario "Josef Fritzl: storia di un mostro" per Sky One. Utilizzando filmati personali e foto, e con interviste esclusive ai familiari, amici ed ex colleghi di Josef Fritzl.[15]
  • Lo scrittore Paolo Sortino ha pubblicato nell'aprile 2011 il romanzo Elisabeth ispirato al caso Fritzl, uscito per Einaudi nella collana Supercoralli. Dello stesso romanzo sono stati acquisisti i diritti per la trasposizione cinematografica da parte della casa di produzione Lotus.
  • Il gruppo melodic death metal svizzero Dreamshade ha dedicato il brano Elisabeth (contenuto nell'album The Gift Of Life del 2013) alla ragazza vittima degli abusi.
  • Nel 2010 viene edito il romanzo di Emma Donoghue Stanza, letto, armadio, specchio (Room) ispirato a Felix, il bambino più piccolo di Elisabeth.
  • Nel 2015 esce al cinema Room, diretto dal regista irlandese Lenny Abrahamson e basato sul romanzo di Emma Donoughe. Il film verrà poi candidato a quattro Premi Oscar, vincendo quello per la miglior attrice protagonista (Brie Larson).[16]

Note

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