Audace colpo dei soliti ignoti

Audace colpo dei soliti ignoti
CarloPisacane.jpg
Tiberio Murgia e Carlo Pisacane in una scena del film
Paese di produzioneItalia, Francia
Anno1959
Durata98 min
Dati tecniciB/N
Generecommedia
RegiaNanni Loy
SoggettoAge & Scarpelli
SceneggiaturaAge & Scarpelli, Nanni Loy
ProduttoreFranco Cristaldi
Casa di produzioneS.G.C., Titanus, Vides Cinematografica
Distribuzione in italianoTitanus
FotografiaRoberto Gerardi
MontaggioMario Serandrei
MusichePiero Umiliani
ScenografiaCarlo Egidi
CostumiLucia Mirisola
Interpreti e personaggi
Doppiatori italiani

Audace colpo dei soliti ignoti è un film del 1959 diretto da Nanni Loy. La pellicola è il séguito de I soliti ignoti, ed è un caper movie appartenente al genere della cosiddetta commedia all'italiana.

Trama

Peppe, detto "er Pantera", dopo il fallimentare colpo raccontato ne I soliti ignoti, si è messo a fare il muratore. Uscendo dal cantiere alla fine del lavoro, subisce uno strano pedinamento da un losco figuro a cui non riesce a sottrarsi e che si ritrova, nonostante i suoi "furbi" stratagemmi per sfuggirgli, ad aspettarlo nella sua povera casa: si tratta di un sedicente gangster di Milano, Virgilio, il quale, venuto a sapere della sua precedente impresa, gli offre un colpo, preparato scientificamente, facile e con un ricco bottino. Peppe dovrà formare la squadra di "esperti" criminali e il milanese fornirà i mezzi e le sue capacità organizzative che includono anche la classica "pupa" svampita, Floriana, che con la sua seduzione ha convinto un ragioniere del Totocalcio a partecipare come complice alla rapina che dovrà avvenire durante il trasferimento dell'incasso delle giocate. Peppe è ingenuamente attirato dalla organizzazione "scientifica" del colpo e convince Ugo Nardi, detto Piede Amaro, marito alle prese con avvocati che non può pagare per la separazione dalla moglie, a preparare un'auto truccata per la fuga dopo la rapina[1]. Anche Mario Angeletti e Ferribotte, che stanno per imparentarsi, poiché Mario è ormai fidanzato con Carmelina Nicosia, la sorella di Ferribotte, daranno la loro competenza "criminale" e infine farà parte della banda anche l'ormai vecchio e sempre affamato Capannelle con il solito compito del "palo". Il colpo dovrà avvenire a Milano dietro copertura di una trasferta calcistica, ma, proprio dopo il viaggio in treno dei ladruncoli, il grande organizzatore milanese viene arrestato dalla polizia per borseggio. Poiché il colpo è stato organizzato, i nostri decidono comunque di attuarlo.

Il piano consiste nel provocare un incidente d'auto alla fine di una galleria di una strada di Milano, facendo con un camion una manovra contromano bloccando così l'auto che trasporta l'incasso delle giocate del Totocalcio. Presi i soldi, la banda avrebbe poi dovuto dividersi in due macchine, per riunirsi poco lontano e dirigersi poi con la macchina truccata di Ugo a Bologna al fine di raggiungere il treno dei tifosi diretto alla capitale: tutto questo in un'ora e cinquanta. Il colpo però non va interamente secondo il piano: Peppe, che è sul camion guidato da Mario, sfonda il parabrezza del camion con la testa, impreca in dialetto romanesco davanti al guidatore della macchina del Totocalcio e, dolorante, scappa a piedi; Ferribotte, che avrebbe dovuto prendere Peppe, carica invece il ragioniere il quale, impaurito, vuole andare al commissariato; Mario si trascina con Capannelle sulla macchina di Piede Amaro che insegue l'auto di Ferribotte. Fermatisi, prendono i soldi e scappano, non prima però che Ferribotte abbia dato una botta in testa al ragioniere poiché questo minaccia di denunciarli se non lo feriscono procurandogli in questo modo un alibi.

Il gruppo, ormai accortosi che Peppe non è con loro, ma confidando nell'idea che sia riuscito a prendere il loro treno per Roma direttamente a Milano, arriva alla stazione ferroviaria di Bologna, dove Mario, Capannelle e Ferribotte riescono a salirvi appena in tempo; Ugo invece proseguirà in macchina fino alla capitale.

La sera, giunti a Roma, Mario informa i compagni che Peppe non è sul treno: timorosi che il loro capo sia stato arrestato, decidono di lasciare la valigia con i soldi nel deposito bagagli della stazione.

Intanto, a Milano, Peppe giunge a casa di Floriana esausto per la fuga, sporco e puzzolente: per fuggire, dopo aver corso per un lungo tratto, si è infilato nello scarico delle immondizie di un palazzo, dove è rimasto nascosto per cinque ore.

Il giorno dopo lui e Floriana raggiungono la banda a Roma e festeggiano tutti insieme la riuscita del colpo, ma presto scoprono che le indagini della polizia si sono spostate nella capitale perché l'autista della macchina del Totocalcio ha riferito di aver sentito uno dei rapinatori (Peppe) imprecare in romanesco[2]. Il gruppo viene convocato in questura assieme ad altri sospettati, ma tutti riescono a confermare il proprio alibi; Peppe, in particolare, riferisce al maresciallo in una sorta di colorita "radiocronaca" il testo imparato a memoria di un articolo di giornale sportivo sulla partita di calcio Milan-Roma a cui avrebbe dovuto assistere.

Nel frattempo Capannelle, non resistendo al ricco buffet di un ristorante, ha ritirato la valigia per prendere i soldi sufficienti ad un ricco banchetto. Il risultato è un'enorme indigestione che lo porta in punto di morte in ospedale, con la valigia della rapina nascosta sotto il letto.

Peppe e compagni, vanno a visitare il finalmente sazio e soddisfatto Capanelle in ospedale, recuperano fortunosamente i soldi ma finiscono con litigare, poiché nessuno vuole o può nascondere la valigia nel proprio domicilio. Alla fine Ugo, l'unico con l'alibi fornitogli da un incensurato, il nuovo compagno della moglie, decide inizialmente di tenersi la valigia, ma preda anch'egli della paura d'esser scoperto, decide di abbandonarla sotto una panchina e di avvertire, con una telefonata anonima, la polizia per andare a recuperarla.

Inutilmente i soci corrono a riprenderla: la polizia arriva prima di loro e ancora una volta i "soliti ignoti" rimangono a bocca asciutta.

Critica

Il film è il seguito del precedente I soliti ignoti di Mario Monicelli e risente della diversa regia di Nanni Loy più scherzosa e leggera. La pellicola risulta molto gradevole per il ritmo veloce degli avvenimenti, ma soprattutto per l'interpretazione dei grandi caratteristi che danno il loro meglio nelle parti secondarie loro assegnate. In rilievo, al solito, la figura di Vittorio Gassman ancora una volta mattatore in un ruolo comico.[3]

La pellicola ricalca la tesi del precedente: i protagonisti sono dei poveri diavoli che per le circostanze della vita, nonostante la loro incapacità delinquenziale, si adattano, poco convinti loro stessi, ad affrontare avventure banditesche non fatte per loro ma in cui qualche volta brilla la genialità italiana, come nell'episodio della fuga dell'auto degli improvvisati rapinatori, preparata per cambiare il colore della carrozzeria e il numero della targa, rendendosi così irriconoscibile alla polizia. Trucco che, tra l'altro, sarà ripreso in altre pellicole che raccontano imprese seriamente criminali. Il film vuole essere infatti un'evidente parodia delle storie di gangster con l'organizzazione scientifica dei grandi colpi, ma il tutto trasferito nel clima di improvvisazione all'italiana, assume un tono irresistibilmente comico e ridicolo.[4] La colonna sonora firmata da Piero Umiliani, imperniata su un cool jazz interpretato da Chet Baker, contribuisce proprio a sottolineare l'ironico accostamento al genere poliziesco americano. Questo sequel «[...] con altrettanta buona fortuna commerciale incalzò il suo predecessore [...] al terzo posto nella classifica degli incassi nel 1958».[5]

Note

  1. ^ Nella scena della fuga in macchina dopo la rapina dell'incasso del Totocalcio i nostri quasi investono un signore che attraversa la strada leggendo distrattamente il giornale. Quella comparsa è Nanni Loy il regista del film, che imita Alfred Hitchcock, noto per le sue brevi apparizioni come comparsa nei film da lui diretti.
  2. ^ «Ahio... oddio... mannaggia la zozza!!!».
  3. ^ Ernesto G. Laura, Bianco e Nero, n. 3/4, marzo/aprile 1960.
    «[...] Senza ripetere la riuscita del film di Monicelli, nondimeno non è una stanca ripetizione e presenta una serie di situazioni divertenti e di buon gusto, oltre ad un ottimo rendimento "di squadra" da parte degli attori».
  4. ^ Morandini.
  5. ^ Millenovecento59, Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza (archiviato dall'url originale il 3 agosto 2007).

Bibliografia

  • Gianni Rondolino (a cura di), Catalogo Bolaffi del cinema italiano 1956/1965.
  • Laura, Luisa e Morando Morandini, Il Morandini 2007. Dizionario dei film, Bologna, Zanichelli, 2007, ISBN 978-88-08-24226-6.

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