Alberto Sordi nacque il 15 giugno 1920 in via San Cosimato 7,[8] nel rione di Trastevere, ultimo figlio di Pietro Sordi (Valmontone, 14 maggio 1897 – Roma, 4 giugno 1941), professore di musica e strumentista, titolare della tuba contrabbasso dell'orchestra del Teatro dell'Opera di Roma, e di Maria Righetti (Sgurgola, 11 febbraio 1898 – Roma, 29 febbraio 1952), insegnante elementare. La famiglia era composta anche dalla sorella Savina (Roma, 1911 – Udine, 19 agosto 1972), dal fratello Giuseppe (Roma, 1915 – Livorno, 24 agosto 1990) e dalla sorella Aurelia (Roma, 15 luglio 1917 – Roma, 12 ottobre 2014), mentre il terzogenito, anch'egli di nome Alberto,[9] era morto il 24 maggio 1916 dopo pochi giorni di vita.[10]
Trascorse parte dell'infanzia nella cittadina di Valmontone[11][12] e frequentò la scuola elementare "Armando Diaz",[13] dove iniziò a improvvisare piccole recite con un teatrino di marionette.[13] Cantò inoltre come soprano nel coro di voci bianche della Cappella Sistina[13] diretto da don Lorenzo Perosi, fino alla precoce trasformazione della voce in basso,[14] divenuta poi una delle sue caratteristiche distintive. Studiò canto lirico e si esibì sulla scena operistica per un certo periodo della giovinezza.
Nel 1936 incise un disco di fiabe per bambini per la casa discografica Fonit e con il ricavato partì per Milano, dove si iscrisse al corso di recitazione all'Accademia dei filodrammatici. Per trasferirsi al nord abbandonò gli studi all'Istituto di Avviamento Commerciale "Giulio Romano" di Trastevere[13][14] (conseguì comunque come privatista il diploma di ragioniere alcuni anni più tardi per fare contenta la madre).[15] L'esperienza ebbe un esito fallimentare[16] e si concluse con l'espulsione del giovane Sordi a causa della sua percepibile inflessione dialettale romanesca.
Comparsa e doppiatore
Rientrato nella capitale, nel 1937 trovò lavoro come comparsa a Cinecittà, apparendo nel film kolossalScipione l'Africano in un ruolo da generico soldato romano.[13] Nello stesso anno vinse un concorso indetto dalla Metro-Goldwyn-Mayer per doppiare la voce di Oliver Hardy (inizialmente presentandosi con lo pseudonimo Albert Odisor),[14] insieme a Mauro Zambuto, che prestava la voce a Stan Laurel. Come Sordi stesso ebbe a raccontare nel programma televisivo Laurel & Hardy - Due teste senza cervello, si presentò alle audizioni privo di esperienza specifica di doppiaggio e con poche aspettative di successo, considerata la concorrenza di professionisti affermati del settore;[17] fu il direttore del doppiaggio della MGM Franco Schirato[10] a ritenere il suo registro basso e il timbro di voce «caldo e pastoso»[17] un connubio ideale per la notevole mole del personaggio[17] (nonostante la voce di Hardy fosse in realtà nel registro tenorile);[17] fu dunque scritturato senza indugi, debuttando nel ridoppiaggio della comicaSotto zero[18] nel 1939, seguita dal lungometraggioI diavoli volanti nello stesso anno.[18]
Nel teatro leggero, dopo un tentativo infruttuoso con la compagnia di Aldo Fabrizi e Anna Fougez avvenuto nella stagione 1936-1937 nello spettacolo San Giovanni, ritentò in quella seguente; insieme con un amico d'infanzia e compagno di scuola formò un duo di imitatori e fantasisti durato per poco tempo, e riuscì finalmente a debuttare nel teatro di rivista nella compagnia di Guido Riccioli e Nanda Primavera nella stagione 1938-1939 con lo spettacolo Ma in campagna è un'altra... rosa. In questo spettacolo ebbe inizialmente il ruolo di stilé (ballerino di fila),[14] fu poi promosso al ruolo di maggiordomo in uno sketch di Benini e Gori scritto appositamente per lui.[14]
Fu alla radio, tra il 1946 e il 1953, che cominciò a ottenere una certa notorietà. Nel 1946, ispiratosi agli ambienti dell'Azione Cattolica, ideò la sua satira dei personaggi de I compagnucci della parrocchietta, dal caratteristico parlato nasale e atteggiamento da "persona come si deve". Uno di questi personaggi piacque talmente a Vittorio De Sica[21] da proporre a Sordi la trasposizione cinematografica in Mamma mia, che impressione! del 1951,[22] suo primo film da protagonista,[23] attraverso la neonata P.F.C.(Produzione Film Comici), fondata da essi stessi.[14] Il film, sceneggiato da Cesare Zavattini e diretto da Roberto Savarese,[22] pur basato sul modello di recitazione tutto verbale sperimentato in radio, contribuì al consolidamento del personaggio, poi riproposto in altri lavori minori.
A parte la riproposizione di personaggi noti in Gran varietà sul finire degli anni sessanta,[22] l'ultima esperienza radiofonica prima che il cinema divenisse preponderante nella sua carriera fu Il teatrino di Alberto Sordi,[22] in onda solo per pochi mesi sul Secondo Programma tra il 1952 e il 1953.[22]
Sempre alla radio nacquero anche alcune sue canzoni o meglio "ritmi".
Tra questi film misconosciuti, Lo scocciatore (Via Padova 46), diretto nel 1953 da Giorgio Bianchi, dove Sordi interpretò il ruolo di un vicino di casa petulante oltre ogni misura e gran scocciatore di un modesto impiegato (Peppino De Filippo), tutto proteso alla ricerca di un'avventura galante con una bella donna. Il film, ritenuto perduto, fu poi ritrovato nel giugno 2003 dalla Cineteca di Bologna (in una copia incompleta poi pubblicata in DVD).
La grande popolarità
«Maccarone m'hai provocato e io ti distruggo adesso, io me te magno! Questo 'o damo ar gatto! Questo ar sorcio, co' questo ce ammazzamo 'e cimice.(in romanesco per "le cimici")»
Tra il 1953 e il 1955 la popolarità di Sordi giunse sul grande schermo; dopo l'esiguo successo di pubblico di Lo sceicco bianco, diretto da Federico Fellini nel 1952, maggior riscontro ebbe il suo ruolo da non protagonista nel film I vitelloni, ancora diretto da Fellini l'anno successivo, e poi con alcuni di Steno: Un giorno in pretura (1953), Un americano a Roma (1954) e Piccola posta (1955), dove prese forma il personaggio del giovane vigliacco, approfittatore, indolente e scansafatiche, infantile e qualunquista che lo accompagnerà per tutti gli anni cinquanta.[24] Il successo e il favore presso il grande pubblico iniziò, di fatto, interpretando il personaggio di Ferdinando Mericoni (detto Nando),[25] un logorroico ragazzo romano ossessionato dal mito dell'America in Un giorno in pretura.[26]
Il successo fu tale che il personaggio venne sviluppato e riproposto in Un americano a Roma, il suo primo film da protagonista con un rilevante incasso al botteghino (circa 380 370 000 di lire dell'epoca, equivalenti a quasi 6 milioni di euro del 2020)[27] e ancora, molti anni dopo, nell'episodio Il Fuoco del film Di che segno sei? di Sergio Corbucci (1975), in cui un attempato Nando interpreta la guardia del corpo di un industriale miliardario. La popolarità del personaggio cinematografico varcò addirittura i confini nazionali e gli valse un invito a Kansas City[28] (un ricorrente tormentone di Moriconi) nel 1955, dove, accolto con tutti gli onori e alla presenza del presidente Eisenhower, venne nominato cittadino onorario e governatore onorario dell'American Royal.[28]
La fama di Sordi crebbe, nonostante alcune controversie. I noleggiatori delle pellicole avevano richiesto che il suo nome non comparisse sui manifesti de I vitelloni a causa della presunta modesta simpatia presso il pubblico cinematografico (anche perché Lo sceicco bianco si rivelò un insuccesso di critica),[26] ma la fiducia che Fellini aveva nelle capacità di Sordi fece sì che il malinconico e cinico personaggio di "Alberto" ne I vitelloni gli garantisse un successo duraturo; Sordi si trovò, di lì in avanti, a recitare senza soluzione di continuità, arrivando a girare sino a 10 pellicole l'anno.[26]
Una volta entrato nel mondo del cinema, non trascurò le sue origini musicali: nel 1956 realizzò una commedia dal titolo Mi permette, babbo! che narrava le turbolente vicende di uno studente di canto viziato, presuntuoso e mantenuto dall'esasperato suocero (interpretato da Aldo Fabrizi), che aspira a calcare le scene della lirica. Vi presero parte anche noti cantanti lirici dell'epoca, tra cui il basso seneseGiulio Neri.
Nel 1957 Sordi si iscrisse alla SIAE come suonatore di mandolino, strumento che conosceva in virtù dei suoi trascorsi militari. Ottenne la qualifica di "Compositore melodista".[29]
L'italiano medio di Sordi
Con l'avvento della commedia all'italiana diede vita a una moltitudine di personaggi che la critica identificò come assimilabili all'italiano medio, spesso collaborando anche al soggetto e alla sceneggiatura dei film interpretati.
Vi sono nei personaggi di Sordi delle caratteristiche ricorrenti: tendenzialmente prepotenti con i deboli e servili con i potenti, a cui cercano di mendicare qualche privilegio. Secondo alcuni, proporre personaggi di questo tipo darebbe il "cattivo esempio", porterebbe infatti certi spettatori che altrimenti non avrebbero avuto il coraggio di rivendicare la propria pochezza, ad avere un alibi e addirittura un esempio da seguire, sentendosi rappresentati e legittimati[30].
Ruoli di rilievo
Tra le sue numerose interpretazioni di questo periodo sono da citare alcune, ritenute esempi significativi della commedia all'italiana: il maestro elementare supplente Impallato, che scopre per caso un allievo prodigio nel canto lirico e lo sfrutta per ottenere riconoscimenti e ricchezza in Bravissimo di Luigi Filippo D'Amico (1955), il rigattiere Peppino in Fortunella di Eduardo De Filippo (1958), il gondoliere rivale in amore di Nino Manfredi in Venezia, la luna e tu di Dino Risi (1958), il marito vessato dalla moglie e colmo di debiti ne Il vedovo, sempre diretto da Dino Risi e interpretato con Franca Valeri (1959), il componente di una commissione censoria che giudica impietosamente manifesti e film piccanti salvo poi, in privato, reclutare a fini immorali ballerine di night club ne Il moralista di Giorgio Bianchi (1959).
La svolta degli anni sessanta
A partire da La grande guerra diretto da Mario Monicelli nel 1959 (nel quale interpreta un soldato indolente e imboscato, costretto suo malgrado a morire da eroe), si distinse come interprete versatile, calandosi anche in ruoli drammatici.
Come regista diresse in totale 19 pellicole, a partire dal 1966, anno in cui ne realizzò due: Fumo di Londra, basato sulle manchevolezze comportamentali e sociali di un italiano in trasferta all'estero (tematica già affrontata da Gian Luigi Polidoro in molti suoi film, tra cui Il diavolo con Sordi stesso, dove cominciò anche a introdursi nel campo della regia, poiché la pellicola era quasi del tutto improvvisata) e Scusi, lei è favorevole o contrario?, ritratto di un agiato commerciante di tessuti, separato dalla moglie, con tante amanti da mantenere quanti sono i giorni della settimana, in un'Italia scossa dalle polemiche sull'eventuale introduzione del divorzio.
Di spessore ritenuto inferiore risultarono i film girati nell'ultima fase della sua carriera, dagli anni 1980 in poi (che inaugurò con il film, interpretato e diretto da lui stesso, Io e Caterina, 1980): declino in parte condizionato dal tramonto in generale del filone della commedia all'italiana, ma anche dovuto a una certa tendenza di Sordi stesso a riproporre in quegli anni un tipo di personaggio ormai datato e non più molto originale.[33][34] Non mancarono tuttavia apprezzamenti di pubblico e critica, come nella commedia storica Il marchese del Grillo di Mario Monicelli (1981), dove Sordi si cala nel doppio ruolo di un nobile romano dedito alle burle e di un popolano carbonaro suo sosia.
«Me dispiace, ma io so' io e voi non siete un cazzo!»
Di questo periodo sono inoltre da citare il dittico di film, anche diretti, Il tassinaro del 1983 (dove compaiono, interpretando se stessi, Giulio Andreotti, Silvana Pampanini e Federico Fellini) e Un tassinaro a New York (1987). Lavorò inoltre con Carlo Verdone (da alcuni considerato il suo naturale erede,[35] pur perseguendo stili e tematiche assai diverse) nei film In viaggio con papà, con regia di Sordi (1982) e Troppo forte, diretto da Verdone (1986). Significativo fu inoltre il ruolo di un giudice incorruttibile e spregiudicato nel film Tutti dentro del 1984, che fu da lui stesso diretto, con al centro i temi, anticipatori dei fatti di Tangentopoli, della corruzione politica dilagante e dell'esposizione mediatica della magistratura.
Tra gli ultimi film, Sordi ebbe particolarmente a cuore, come disse in alcune interviste, Nestore, l'ultima corsa (1994), dove interpretò un vetturino non ancora rassegnato a portare il suo cavallo al macello. L'ultima pellicola da lui diretta fu Incontri proibiti (1998) accanto a Valeria Marini, presentato ancora nel 2002 con montaggio diverso e un altro titolo, Sposami papà.
Noto presso il grande pubblico con l'epiteto di "Albertone", prese parte a numerose trasmissioni televisive (tra cui Studio Uno, condotto dalla cantante Mina, nel 1966).
Contribuì inoltre alla sua popolarità televisiva la realizzazione del programma Storia di un italiano, in quattro edizioni, dove, attraverso una selezione tematica di spezzoni dei suoi numerosi film, si presentava la figura di un certo italiano medio, con i suoi pregi e i suoi difetti.[37]
Le ultime apparizioni
Sordi si ammalò di tumore ai polmoni nel 2001[38] e da allora le sue uscite pubbliche si diradarono. Una delle sue ultime apparizioni televisive risale al 18 dicembre 2001, nel programma Porta a Porta condotto da Bruno Vespa e dedicato interamente a lui, dove fu esposta la Harley Davidson 750cc WLA del 1942, esemplare originale usato nelle scene del film Un americano a Roma.[39][40] Nel 2002 ricevette due lauree honoris causa, una a marzo dalla IULM di Milano[41] e una il mese successivo dall'Università di Salerno,[42] presenziando a entrambe le cerimonie. Partecipò ancora nel luglio di quell'anno al programma Italiani nel mondo presentato da Pippo Baudo,[43] sua ultima partecipazione pubblica. Il 17 dicembre 2002 avrebbe dovuto partecipare a una serata in suo onore al teatro Ambra Jovinelli di Roma ma dovette rinunciare per l'aggravarsi delle sue condizioni,[44] limitandosi a comparire in un filmato girato nel suo studio[45] e proiettato per il pubblico del teatro. Fu questa la sua ultima apparizione in video.
La morte
Morì nella sua casa di Roma la sera del 24 febbraio 2003, all'età di 82 anni, afflitto durante l'intera stagione invernale da forme di polmonite e bronchite; la salma, successivamente sottoposta a imbalsamazione, venne traslata al Campidoglio nella Sala Giulio Cesare dove per due giorni ricevette l'omaggio della gente, compresi molti personaggi del cinema italiano e della politica; il 27 febbraio, si svolsero i funerali solenni nella Basilica di San Giovanni in Laterano ai quali presenziarono oltre 250 000 persone; dopo la cerimonia funebre, il feretro venne tumulato nella cappella di famiglia nel Cimitero Monumentale del Verano di Roma, in cui, su una lapide a forma di pergamena, è inciso l'epitaffio: «Sor Marchese, è l'ora» battuta ripresa da uno dei suoi film più celebri, Il marchese del Grillo.[46][47][48][49][50]
Vita privata
A dispetto della sua immagine pubblica estroversa e dalla personalità strabordante, Sordi mantenne sempre un estremo riserbo sulla sua vita privata, di cui sono noti pochi dettagli. Cattolico praticante,[51] non ebbe figli e non si sposò mai e, al di là delle numerose vere o presunte relazioni attribuitegli dalle cronache rosa[52] (tra le altre, con Katia Ricciarelli, Patrizia De Blanck,[53]Silvana Mangano,[52]Shirley MacLaine,[54]Uta Franz[55] e con la principessaSoraya Esfandiary Bakhtiari),[56] l'unico rapporto sentimentale accertato fu quello avuto con Andreina Pagnani, quasi quattordici anni più di lui, durato nove anni.[57][58] Si conobbero nel 1941 durante il doppiaggio de Il giardino di Allah,[59] nel quale entrambi lavoravano (la Pagnani prestando la voce a Marlene Dietrich).[59] Alla ricorrente domanda sul perché non fosse mai convolato a nozze, chiosava con uno dei suoi tormentoni "Che mi metto un'estranea in casa?";[54][60] salvo poi spiegare, in alcune interviste[61] che l'assoluta dedizione al suo mestiere non gli avrebbe consentito di dedicare a una famiglia il tempo e l'impegno necessari.
A parte un soggiorno a Milano per frequentare l'Accademia dei filodrammatici, Alberto Sordi visse sempre a Roma. Abitò dalla nascita fino al 1930 in via san Cosimato 7; dopo la demolizione dell'edificio originario per il costruendo palazzo delle Sacre Congregazioni, si trasferì in un appartamento in via Venezia; in seguito, alla morte del padre nel 1941,[20] si spostò in un appartamento di via dei Pettinari e, dal 1958 fino alla morte, in una villa di via Druso (all'epoca via della Ferratella), posta all'interno del parco archeologico delle Terme di Caracalla e fatta costruire nel 1932 da Alessandro Chiavolini, per molti anni segretario particolare di Benito Mussolini.[62] Visse insieme alle sorelle e al fratello, suo amministratore, e con la segretaria Annunziata Sgreccia,[63] che dalla sua morte sovrintese per un certo periodo al suo archivio personale. Nel 1962 aveva acquistato inoltre una villa a Castiglioncello,[64] poi rivenduta nel 1997, dove era solito trascorrere l'estate.[64] Aveva posseduto inoltre un paio di appartamenti a Parigi[65] e vari terreni a Roma e dintorni, uno dei quali, in località Trigoria, in parte vendette e in parte donò per la costruzione dell'Università Campus Bio-Medico.[66] Qui sorse inoltre il Centro per la Salute dell'Anziano,[67] struttura voluta dall'attore per l'assistenza medica e la ricerca applicata alle patologie della terza età. Questa e altre iniziative filantropiche di cui Sordi si rese protagonista sono tuttora amministrate dalla Fondazione che porta il suo nome.[68][69]
Mantenne il suo riserbo anche in materia di idee politiche, nonostante nutrisse un'evidente simpatia verso il politico democristianoGiulio Andreotti, il quale apparve nel film Il tassinaro. Nel 1996 si diffuse una diceria secondo la quale Sordi volesse candidarsi come primo cittadino di Roma, sfidando Francesco Rutelli.[70] Come riportò il Corriere della Sera, il 23 novembre di quello stesso anno, prese parte a una puntata del Tappeto volante di Luciano Rispoli, su Telemontecarlo, in cui dichiarò: "Il sindaco non si deve preoccupare: io sono stato, sono e resterò attore fino alla fine dei miei giorni".[70] Il giorno del suo ottantesimo compleanno, il 15 giugno 2000, il sindaco di Roma Rutelli gli cedette comunque, simbolicamente, la fascia tricolore, nominandolo sindaco onorario per un giorno come tributo a uno dei cittadini più illustri.[71]
In tema di passione calcistica non fece mai mistero di essere un grande tifoso della Roma,[72] non mancando di far trasparire questa sua passione in alcuni film.
Il primo contatto di Sordi con la musica avviene già tra il 1939 e il 1942, periodo in cui viene doppiato e distribuito il film I diavoli volanti in cui doppia Oliver Hardy, doppiando anche una canzoncina, Guardo gli asini che volano nel ciel, rielaborazione di A Zonzo di Ernesto Bonino.[73]
Le canzoni di leggera satira o meglio i "ritmi lenti" da lui scritti e attribuiti al suo pseudonimo Maestro Gambara e cantate intorno agli anni quaranta. Alcune di esse: Nonnetta, Carcerato, Cerco una donna, Il bimbo che non conobbe infanzia, L'alpino. Alcune le ricantò nel 1957 in Carosello, negli sketch per la casa vinicola Gancia, unici episodi che lo videro protagonista nella nota rubrica pubblicitaria.
1969: Luna non sei nessuna (Alberto Sordi, Piero Piccioni) del film Amore mio aiutami; Alberto Sordi cantò lo spin-off della canzone, conosciuto anche come Luna non sei più tu
Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecnologie della Comunicazione.
«La Laurea Honoris Causa in Scienze e Tecnologie della Comunicazione viene assegnata ad Alberto Sordi per la coerenza di un lavoro che non ha eguali e per l'eccezionale capacità di usare il cinema per comunicare e trasmettere l'ideale storia di valori e costumi dell'Italia moderna dall'inizio del Novecento a oggi.» — Università IULM di Milano, 12 marzo 2002[76]
Laurea Honoris Causa in Scienze della Comunicazione.
«Alberto Sordi sintetizza nella propria avventura artistica non solo una straordinaria versatilità interpretativa e recitativa ma, soprattutto, la capacità di attraversare nel segno di un'identità forte l'intero ambito dei mezzi e delle forme di comunicazione nel segno di un costante rinnovamento delle forme espressive. Costituisce un patrimonio di esperienza e magistero insostituibile sul versante delle dinamiche e conoscenze interne al cinema e ai media audiovisivi e contribuisce, in maniera decisiva, ai saperi e alle teorie della comunicazione.» — Università degli Studi di Salerno, 24 aprile 2002[77]
Tributi
Nel 1999 gli venne consegnato, su ideazione del regista Angelo Antonucci, il premio "Reggia d'oro" per l'interpretazione, come primo film da protagonista, del film I tre aquilotti, ambientato alla Reggia di Caserta.
Dal 2004 viene consegnato il premio speciale Leggio d'oro "Alberto Sordi" agli attori che si sono distinti dell'ambito del doppiaggio, del teatro, della televisione o del cinema. Tale premio viene conferito durante l'annuale edizione del Leggio d'oro, ed è stato dedicato all'attore perché egli fu il primo vincitore dello stesso premio nel 1995, per il doppiaggio di Oliver Hardy in Stanlio e Ollio.[79][80]
Nel 2011 il Bif&st di Bari ha assegnato un Premio intitolato ad Alberto Sordi per il miglior attore non protagonista tra i film del festival.
Ad Alberto Sordi è stata dedicata una scuola a Roma, l'Istituto comprensivo “Alberto Sordi”[81], nata dall'unione delle Scuole Medie Statali "PierLuigi Nervi" di piazzale Hegel e "Giacomo Puccini” di piazza Giuseppe Gola.
Dal 14 febbraio al 31 marzo 2013 il Vittoriano di Roma ha ospitato la mostra Alberto Sordi e la sua Roma, dedicata soprattutto al suo rapporto con la città natale.[82]
^L'edificio in cui visse fu demolito nel 1930 per fare spazio alla costruzione del Palazzo delle Sacre Congregazioni Romane. Nel sito originario fu apposta una targa commemorativa.
^Sordi si riferì a lui come "Albertino" in alcune interviste
^Intervista al quotidiano l'Unità del 24/12/1985, p. 11
^Come Alberto Sordi stesso ebbe a raccontare in una puntata del Maurizio Costanzo Show, durante la frequenza dell'Accademia, l'insegnante di dizione lo chiamò in disparte e gli disse: «Lei dice guèra, ma si dice guèrra». Lui rispose: «Me se strigne 'a gola a dì guèrra». Venne espulso dopo poche settimane. Cfr. Fava, op.cit.
^«È stato un grande dolore. Veramente Sordi ha interpretato i sentimenti degli italiani, soprattutto nei momenti più difficili e duri. Sordi ha rappresentato i sentimenti degli italiani mentre il Paese si stava sfasciando. Però, nelle sue interpretazioni non c'è mai la rappresentazione dello sfascio senza la speranza. C'è, quindi, una profonda italianità di Sordi. Una delle ultime volte venne a mostrarmi la riedizione dei suoi film. Ora spero che siano visti anche nelle scuole. Sarebbe un modo di rappresentare visivamente i drammi degli anni Quaranta. Mi riferisco a film come Tutti a casa, ma non solo a quello.» Carlo Azeglio CiampiArchiviato il 28 maggio 2009 in Internet Archive.
^"I suoi personaggi perdono con gli anni la grinta e il cinismo che tanto aveva colpito l'Italietta del boom economico, in più complice del declino è anche il tramonto del genere della commedia all'italiana", da Alberto Sordi - biografia di Ivana Faranda, Alberto Sordi - Attore - Biografia e Filmografia - EcodelcinemaArchiviato il 25 luglio 2014 in Internet Archive. (sito rilevato il 17/7/2014)
^«Sono triste e scioccato nell'apprendere della morte di Alberto Sordi. In qualche modo non pensavo fosse mortale. Le sue immagini vanno dal mio cuore alla mia mente, vedo la sua faccia e sento la sua voce in tutti quei meravigliosi ruoli che ha interpretato. Sordi ha catturato come nessun altro quello che significa essere italiano, satirizzando molti tratti nazionali, buoni e cattivi, e così facendo, esorcizzandoli. Uno potrebbe legare insieme tutti i suoi film e tirarne fuori una storia dell'Italia. Era più di un attore. Era una icona nazionale. Porta con sé uno degli ultimi gloriosi ricordi dell'età mitica del cinema italiano. Martin ScorseseArchiviato il 28 maggio 2009 in Internet Archive.»
^ab Maria Chiara Amato, Alberto Sordi a 10 anni dalla morte, su capuanaweb, 9 marzo 2013. URL consultato il 17 febbraio 2020 (archiviato dall'url originale il 20 luglio 2015).
^Antonio Genna, Domanda 51, su Il mondo dei doppiatori, archivio, antoniogenna.net, 4 febbraio 2013. URL consultato il 1º febbraio 2016 (archiviato il 23 settembre 2015).
Claudio G. Fava, Alberto Sordi. La biografia, la carriera artistica, i dati e le più belle foto di tutti i suoi film, Roma, Gremese Editore, 1979, ISBN978-88-6692-098-4.
Maria Antonietta Schiavina, Storia di un commediante, Miilano, Zelig editore, 1999, ISBN88-86471-73-4.
Maria Antonietta Schiavina (a cura di.), Alberto racconta Sordi, Miilano, Mondadori, 2020, ISBN9788804721567.
Alessandro Ticozzi, L'Italia di Alberto Sordi, Roma, Fermenti Editrice, 2009, ISBN978-88-89934-57-9.
Gerry Guida, Luce su Alberto Sordi! Alberto Sordi nei ricordi del direttore della fotografia Sergio D'Offizi, Dublino, Artdigiland, 2020, ISBN978-19-0908-837-5.